Sono un ragazzo fortunato

Se consapevole delle modeste doti degli incolori gerarchi locali del centrodestra, non dovrà guardarsi da altri se non da se stesso

Tra autocandidature finite sul binario morto dell’irresolutezza,velleità di leadership frustrate dai diktat romani, disperati colpi coda sferrati tra urla strozzate per salvare il salvabile, lamenti ringhiosi sull’orgoglio identitario ferito, falliti riposizionamenti strategici ed ambizioni cullate da sogni irrealizzabili, il centrodestra reggino ha superato abbondantemente la soglia limite oltre la quale l’abisso diventa inevitabile.

Quand’anche, e non succederà perché sarà necessario attendere ancora un paio di settimane, il nome messianico del candidato a sindaco dovesse venire fuori tra cinque minuti, la partita della serietà e della responsabilità nei confronti della città è già persa, a prescindere dal risultato che scaturirà dalle urne. Quando, a due mesi e mezzo dall’apertura dei seggi, si brancola nel buio andando a caccia disperata di una figura che abbia il pelo sullo stomaco di essere designato dalla Lega per sfidare il sindaco uscente Giuseppe Falcomatà, la credibilità di una coalizione è finita, prima del tempo, sotto i tacchi e lì è destinata a restare a meno di improbabili levate di scudi dell’ultimo minuto. E’ lampante come la decisione dei leader nazionali di attribuire la casella reggina a Matteo Salvini abbia spiazzato i referenti presenti sul territorio che da un paio d’anni si muovevano, peraltro senza costrutto, per individuare fattezze e generalità del prescelto. Un lavorio disordinato rivelatosi inutile e che ha riportato tutti alla casella del via, soprattutto il desiderio coltivato da gran parte dell’opinione pubblica di mettere tra parentesi l’attuale esperienza amministrativa del centrosinistra. La verità è che ogni giorno trascorso senza venire a capo del dilemma è un mattoncino, offerto dal centrodestra, alla costruzione della riconferma del Primo Cittadino, negli ultimi mesi, infatti, più ringalluzzito che mai. Lui, che ha dato avvio alla campagna elettorale due anni fa, ora sorride sicuro davanti all’acquario delle difficoltà in cui nuotano i suoi avversari. Sorretto da tutti i maggiorenti della propria compagine, veleggia indifferente all’affondamento della zattera del centrodestra battente la bandiera di rapporti segnati da odi e risentimenti. Una navigazione piena di pericoli che, dopo l’affidamento del timone all’imperizia del Capitano, è diventata ancora più avventurosa. Le onde di avversione nei confronti del capo leghista che si alzano dal profondo del mare dell’opinione pubblica reggina, infatti, hanno reso la traversata parecchio tormentata e moltissimi, tra big e militanti della coalizione, ne sono ben consci, al punto da rimanere inermi di fronte agli assalti ripetuti degli squali della rassegnazione e del vittimismo. Perché mai dovrebbe essere premiata una parte politica che si regge solo sulla presunzione che ad avere la meglio sarà l’ostilità collettiva verso Falcomatà? Perché gli elettori dovrebbero favorire chi non ha avuto, finora, quando manca ormai qualche settimana alle elezioni, la decenza di non esporre un’idea alternativa di città, limitandosi a blaterare, ciascuno per conto proprio, delle inefficienze e dei fallimenti del sindaco? Malgoverno che passerà in secondo piano, di fronte alla “leghizzazione” della competizione. Con gli occhi dell’Italia puntati sull’estremo lembo della Penisola passibile di conquista da parte del Capitano, quello che avrebbe dovuto essere, nel peggiore dei casi, un referendum pro o contro Falcomatà, si trasformerà, infatti, in un referendum pro o contro Salvini dall’esito facilmente prevedibile. Confondendo, addirittura, qualche like su Facebook con un consenso reale alla propria persona o pontificando da seggi maestosi elevati in un passato ormai talmente lontano da non riuscire a scorgerne nemmeno l’ombra, è stato smarrito il sentiero dell’umiltà ritrovandosi al punto di partenza, probabilmente l’unico approdo da pretendere per una classe politica di centrodestra incapace di fare il salto di qualità indispensabile per provare a riprendere in mano le sorti del destino, proprio e di Reggio. L’abbrivio migliore per le fortune di Falcomatà che, se consapevole delle modeste doti degli incolori gerarchi locali dell’aggregazione avversaria, da qui al 20 settembre non dovrà guardarsi da altri se non da se stesso.

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