Offre ancora spunti di riflessione su tematiche attuali “SerreinFestival”, proponendo punti di vista interessanti e motivi di riflessione. La quarta giornata è stata caratterizzata dal dibattito, introdotto dagli assessori Valeria Giancotti e Gina Figliuzzi e dall’avvocato Maria Cirillo, scaturente dal contenuto dei libri “Quel che resta” e “Un treno nel Sud”. Lo storico Tonino Ceravolo ha incalzato l’antropologo Vito Teti – che ha colto l’occasione per dedicare la serata allo scrittore poliedrico Sharo Gambino – con quattro domande, ognuno focalizzata su una parola chiave.
Antropologia del restare. Teti ha spiegato che “il conflitto/dialogo fra restare e partire racconta la storia della Calabria, mentre il rapporto fra chi è partito e chi è rimasto contrappone la contemporanea esistenza di sentimenti di amore/vicinanza a quelli di disagio/fastidio”. “Una volta che si parte – ha affermato il docente dell’Unical – non si ritorna mai al punto di partenza. Nell’epoca della globalizzazione, l’altro, il selvaggio, il primitivo, quello diverso da noi scompaiono. Oggi restare significa capacità d’intercettare i mutamenti che avvengono, leggere i processi che si verificano sotto i nostri occhi”. Non è mancato un messaggio ai governanti: “occorre creare le condizioni per consentire ai giovani di scegliere se andare via o impegnarsi per la propria terra”.
Retorica identitaria. La prima espressione di questo tipo di retorica, secondo Teti, è la tendenza ad attribuire la responsabilità dei mali del Sud agli altri, accusandoli della “nostra inadempienza”. La seconda riguarda la contrapposizione della mafia del passato, a tratti quasi idealizzata, a quella attuale. La terza consiste nella “mitizzazione e glorificazione del passato”.
Emigrazione. “La classe politica calabrese degli ultimi 30 anni – ha asserito Teti – ha perso una grande occasione per legare i calabresi dell’esodo a quelli rimasti”. Sulla questione migranti, che ha tramutato la Calabria da terra di partenza a terra di arrivo, il professore ha sentenziato che “andrebbe presa ad esempio l’America che ha dato spazio ai sogni. È chiaro – ha precisato – che non ci possono essere ingressi incontrollati, ma bisogna studiare le giuste forme di accoglienza. È un fatto etico, non solo estetico e storico”.
Nostalgia. Per Vito Teti va anche intesa “nell’accezione positiva”. E “si deve recuperare la sacralità del cibo, della vita, dei luoghi, di quella società in cui i beni sono necessari, non superflui. Bisogna riscoprire una nuova frugalità, una nuova convivialità”. Dopo una citazione pasoliniana, per la quale “laddove i beni sono superflui, anche la vita rischia di diventare superflua”, Teti ha invitato ad “abbandonare le vecchie tensioni” e a “riscoprire il senso di comunità”.
A fare da cornice all’evento sono stati alcuni stand che hanno messo in risalto le prelibatezze tipiche del territorio.
Lascia un commento
Devi essere connesso per inviare un commento.