Il senso di felicità, le sue accezioni, le sue origini nella nostra Penisola. La seconda giornata di “SerreinFestival” è stata caratterizzata da sfaccettature filosofiche e culturali grazie all’incontro con lo storico Piero Bevilacqua che ha approfondito i tratti essenziali del suo libro “Felicità d’Italia”. In particolare, è stata sviluppata la storia di quattro di queste felicità: “l’alimentazione, dipendente dall’originalità storica e geografica dell’agricoltura italiana; le città, con il loro patrimonio di bellezza, che per secoli hanno costituito la forma più alta di organizzazione della vita sociale; la musica e la canzone napoletana, esempi della creazione di un immaginario poetico da parte di un popolo; la tradizione cooperativa, che ha dato un’impronta di egualitarismo sociale e di avanzato civismo”. La serata, moderata dalla poetessa Daniela Rabia, è stata introdotta dalla relazione del professor Luigi Vavalà che si è concentrato “sull’uscita dalle gabbie d’acciaio della globalizzazione” ed ha esaminato le cause della “disgregazione dei popoli”. Fatto cenno alla “regressione antropologica a cui porre origine”, Vavalà ha poi sentenziato che “i politici devono tornare a studiare e a leggere, altrimenti perdono di credibilità”. Per il direttore del festival Armando Vitale il libro di Piero Bevilacqua è “una miniera di idee per affrontare le problematiche della realtà delle Serre”. “La felicità – ha aggiunto – va intesa come godimento dei grandi patrimoni collettivi e nasce dalle grandi Istituzioni che sono il condensato di lavoro collettivo. I beni collettivi sono il punto di riferimento delle felicità possibili”. Infine una domanda la cui risposta può far paura: “il patrimonio storico portato avanti per secoli è a rischio?”.
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