Serra. L’artista Chiarella dona il plastico della “Certosa cinquecentesca”: sarà custodita nel Museo

È servita per ricordare alla comunità il valore dell’immenso patrimonio religioso, storico, culturale e sociale la manifestazione svoltasi nella Sala Giunta per presentare la donazione del plastico della “Certosa cinquecentesca” alla città da parte dell’artista Domenico Chiarella.

“L’iniziativa – ha spiegato il sindaco Luigi Tassone – si è concretizzata per volontà del padre priore dom Basilio Trivellato. Il plastico rimarrà qualche giorno in Comune per poi essere trasferito nel Museo. Va sottolineata, nell’ambito della produzione delle opere, la lungimiranza dei serresi dell’epoca che, dopo il terremoto del 1783, impedirono che i ruderi fossero portati via”.

Sul significato della rappresentazione si è soffermato il presidente della Promotors Aps Vincenzo Neri che ha ricordato che “Domenico Chiarella ha speso 20 anni della sua vita per la realizzazione di questi plastici”. “Il maestro – ha specificato – ha reperito le mappe cartografiche antecedenti agli eventi sismici del 1783 e del 1905 sulle quali si è basato. I plastici s’inquadrano nel progetto ‘Vivilandia – La Calabria in miniatura’ e mirano a far approfondire ai giovani la storia del territorio. Serra è infatti una città intrisa di cultura, tradizioni, misticismi, arte e la Certosa cinquecentesca è quanto di meglio si possa trasmettere alle nuove generazioni in termini di fierezza dell’appartenenza”.
Sulle vicende salienti della vita entro la cinta turrita è stato incentrato l’intervento del presidente dell’associazione serrese “San Bruno” Cesare Regio che ha evidenziato come Serra, sfruttando l’importante volano di sviluppo, fosse riuscita a diventare “la piccola Birmingham”. “Fino al 1193 – ha precisato – la Certosa era governata dai priori certosini, ma a partire da questa data e fino al 1411 la gestione fu effettuata dagli abati cistercensi. Dopo il 1411 fin instaurata la cosiddetta Commenda con la quale il potere economico passava ad un prelato residente a Napoli. Questa situazione – ha puntualizzato il dottor Regio – stava conducendo al collasso, ma si verificarono due straordinari avvenimenti. Nel 1505 furono ritrovate le ossa di San Bruno e del Beato Lanuino; nel 1514 Papa Leone X autorizzò il culto di San Bruno”.
L’inizio del 1500 segnò dunque uno spartiacque rispetto al passato che si tradusse nel “rientro dei certosini che si misero pazientemente all’opera per far rinascere il monastero. Così nel 1600 Serra era ormai divenuta una delle città più ridenti”.
Soddisfazione è stata espressa anche dalla presidente dell’associazione “San Bruno” in Canada, Palma Pisani, che ha ribadito la forza del legame con la terra d’origine e la permanenza oltreoceano delle antiche consuetudini.

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