
Si sono combattuti, senza esclusione di colpi, per un quarto di secolo: ora è arrivato il momento di seppellire gli antichi rancori e fare un tratto di strada insieme per il bene di Serra San Bruno.
A qualcuno potrà sembrare una frase fatta, ma le circostanze sono ostinate a dispetto dei pregiudizi. Siamo, nel vero senso della parola, ad un bivio della Storia della città della Certosa, perché, sebbene tutt’altro che scontato, l’accordo tra Brunello Censore e Nazzareno Salerno, è inevitabile e lo è per una molteplicità di ragioni. Innanzitutto, perché è il senso di responsabilità a dover guidare le mosse dei due. Da politici consumati, entrambi sanno bene che nulla può essere escluso quando ad essere decisiva è la protezione del bene supremo della Cosa pubblica. Lo sviluppo dei fatti è noto: la crisi apertasi in seno alla maggioranza guidata da Luigi Tassone è deflagrata con effetti, forse, inattesi, dagli stessi protagonisti che l’hanno provocata. Valeria Giancotti, Walter Lagrotteria e Brunella Albano hanno preferito legittimamente intraprendere altri percorsi rispetto a quelli che avevano deciso di battere con entusiasmo convinto soltanto un paio d’anni fa o poco più, optando per una casa diversa rispetto a quella del Partito Democratico. Così facendo hanno, inevitabilmente, rotto il patto di fiducia con il sindaco che, già da tempo, d’altra parte, si mostrava insofferente rispetto all’attivismo giudicato eccessivo da parte di qualcuno che faticava a rimanere nel recinto impostogli dal ruolo e dalle gerarchie. Un atteggiamento che non poteva essere oggetto di mediazioni eterne e all’origine della reazione eclatante da parte dei consiglieri fedeli al PD i quali hanno chiesto al Primo Cittadino l’azzeramento della Giunta, una rivendicazione comune subito fatta propria da Tassone. Questo il corso degli eventi. In uno scenario del genere immaginare di consegnare, con così largo anticipo rispetto alla scadenza naturale, la consiliatura al passato e ad una stagione commissariale lunga più di un anno sarebbe una manifestazione di folle insensibilità rispetto ai tanti problemi che deve affrontare la comunità serrese. Certo, l’Amministrazione targata “La Serra rinasce” avrebbe potuto e dovuto fare di più ed anzi questo pit stop va considerato come l’occasione più propizia per ripartire di slancio dagli errori commessi. Troppa prudenza, troppe cautele, troppi passi felpati quando, invece, c’è l’obbligo di correre, a maggior ragione se chi, come il sindaco, ha appena 34 anni e, potenzialmente, tanta energia da mettere a disposizione. E’ altrettanto vero, però, che la soluzione del salto nel buio generato dalle dimissioni senza via d’uscita da parte del sindaco o da una mozione di sfiducia firmata dalla maggioranza dei componenti il Consiglio comunale si rivelerebbe la peggiore delle opzioni, soprattutto se ad agitare il sonno dell’opinione pubblica ci fosse anche lo spettro del dissesto finanziario, piazzato lì, come fosse una bomba pronta a deflagrare. Un ulteriore motivo per premiare l’ipotesi di intesa fra il già parlamentare del Partito Democratico ed il consigliere regionale di centrodestra è costituito dal coraggio che, oggettivamente, comunque la si pensi, il primo ha messo sul tavolo per aprire un varco al vecchio rivale. Opportunismo, si dirà, ma in realtà anche per inseguire i propri obiettivi non è facile, umanamente e politicamente, riporre in un cassetto l’orgoglio consolidato nel tempo e stringere la mano a chi è stato combattuto strenuamente fino ad un attimo prima. Lo stesso dicasi, per l’ex assessore regionale, ideatore della lista “In alto volare” che, in fondo, limitandosi a fare spallucce di fronte alle difficoltà del rivale di una vita, salirebbe su un piedistallo da cui puntare l’indice accusatore contro una compagine che non ha saputo andare oltre metà mandato. Un rappresentante istituzionale che si rispetti, però, dimostra statura politica esattamente in momenti decisivi come questi, quando sarebbe molto più semplice nascondersi o scappare ed abbandonare al proprio destino il corso degli eventi. Dunque, anche Salerno necessita di una cospicua dose di audacia per mettere la faccia su un’operazione che, se si completasse, darebbe una boccata d’ossigeno non solo a Tassone e compagni, ma soprattutto a Serra San Bruno che scongiurerebbe in tal modo la iattura del Commissario prefettizio. Senza paura, e con umiltà pari al temperamento, Censore e Salerno hanno un’opportunità gigantesca: sgombrare il tavolo dagli individualismi accecanti e mettere al centro l”interesse collettivo. Scaraventare all’aria questa possibilità sarebbe, questo sì, un meschino perseguimento di convenienze impregnate del più egoistico dei personalismi.