
“Nostra zia non è morta di Covid, non c’è più perché le severe patologie che si trascinava dietro dalla tenera età di tre anni, dopo tanta sofferenza, hanno avuto la meglio su di lei. Ed in questo momento di dolore è un ulteriore strazio dover chiarire queste cose”.
Nipoti, sorelle e fratelli di R. S., la 66enne scomparsa nella giornata di venerdì, mostrano sdegno per non aver potuto salutare la loro cara congiunta per l’ultima volta e per il mancato svolgimento del funerale. Ed esprimono “profonda amarezza” per non averla potuta accompagnare nel suo ultimo viaggio.
“Nostra zia – spiegano i nipoti D.A.T. e C.S. per conto di tutti i parenti – doveva fare i conti con una gravissima insufficienza renale cronica, con il morbo di Paget, con valori di creatinina elevatissimi, con una encefalopatia dall’età di tre anni e con la totale cecità di entrambi gli occhi. Il giorno prima del decesso le è stato effettuato un test rapido antigenico, il quale aveva evidenziato una striscia di colore quasi trasparente, in quanto ‘l’affidabilità dei tamponi rapidi dipende dalla sensibilità e dalla specificità dichiarata dall’azienda produttrice, se un test è sensibile/specifico al 97% significa che su 100 test 3 possono essere sbagliati ma possono non rilevare i cosiddetti debolmente positivi, risultato che può corrispondere sia all’esordio, che alla fine dell’infezione’ (citazione del professor Massimiliano Corso Marco Romanelli, direttore dell’Unità operativa complessa di Patologia clinica al Policlinico San Donato di Milano e direttore di Scienze biomediche per la salute dell’Università dell’Istituto di Milano). Non è stato fatto alcun tampone molecolare che attestasse la positività, senza nemmeno la visita del medico legale che accertasse il decesso”.
Quanto successo ha scatenato la furia di noi parenti, perché “questo motivo del decesso, che per noi non è reale, ha comportato la mancata celebrazione della Santa Messa”.
“Negato utilizzo di alcuni supporti – proseguono – assenza totale di un trillo di campane e mancato utilizzo del consueto percorso utilizzando Corso Umberto I, insomma una freddezza innaturale che ha cancellato il senso di umanità, eppure nostra zia ha sempre e regolarmente pagato la reta annuale alla Congrega ed aveva il diritto di trattamento che hanno avuto gli altri, ma purtroppo così non è stato”.
La conclusione è carica di tristezza: “questo sistema porta all’abbandono delle persone. Noi non ci sentiamo farne parte, noi ci sentiamo umani e soprattutto pretendiamo le scuse pubbliche da parte di chi non ha garantito quanto previsto dalla centenaria storia e tradizione delle splendide Congreghe di Serra San Bruno”.