Senza radici e distaccato: il Movimento 5 Stelle è invisibile al popolo reggino

Non riuscire ad approntare una lista autorevole nella città più grande della Calabria sarebbe un peccato capitale

Bene ha fatto Federica Dieni a rintuzzare con prontezza la “non notizia” di un eventuale accordo con la Lega in vista delle prossime elezioni comunali a Reggio Calabria.

Ha fatto bene, sebbene il tanfo di polpetta avvelenata servita da qualche vecchio arnese della politica politicante locale si sentisse a distanza anche senza la secca smentita della parlamentare. C’è, infatti, ancora qualcuno che ritiene di meritare il palcoscenico pubblico rifilando ai giornalisti “bufale” per balordi interessi personali ed in questo caso a rendere ancor più comica la situazione c’era la circostanza che, se anche fosse stato vero, il Movimento 5 Stelle con quale Lega avrebbe dovuto stringere un accordo? In riva allo Stretto sono, infatti, almeno tre i filoni che intestatisi le posizioni del partito di Matteo Salvini e nessuno di essi ha la forza politica di essere considerato qualcosa di diverso da un’attrattiva circense. Ma tant’è, questo passa il convento inospitale della politica reggina. Il punto chiave della nota diffusa stamane dalla parlamentare pentastellata, tuttavia, è un altro: l’ammissione, per ora a mezza bocca, ma prossima ad essere ufficializzata, che il Movimento 5 Stelle a Reggio Calabria semplicemente non esiste. Non una novità, si dirà: non è mai esistito ed è questa una verità, dettata dall’oggettività dei fatti, che non può essere messa in discussione da annoiate frasi fatte. Parlare in politichese per una rappresentante del Movimento alimentato dalla furia cieca dell’antipolitica costituisce una beffa, prima di tutto, per lei stessa e per ciò di cui si sono fatti portatori i pentastellati nel corso della loro (resistibile) ascesa e suona tristemente falso alle orecchie degli interlocutori. Disquisire di “condizioni e presupposti politici” prima di affrontare la scelta se presentare una lista o meno è, altrettanto banalmente, una menzogna. E a dirlo non è un avversario politico, ma la stessa Dieni qualche riga più sotto quando ammette che: “Il M5S deve avere la capacità di valutare lucidamente la sua posizione nei vari territori italiani, non senza disdegnare un passo indietro temporaneo in tutte quelle realtà in cui non sia ancora ben strutturato”. Non c’è la necessità di dilungarsi oltre nella riflessione e lo sa bene la giovane deputata di Campo Calabro: è acclarato che in città il Movimento 5 Stelle non è, per usare un eufemismo, ancora ben strutturato. Il che rappresenta una colpa grave che ricade proprio sulle sue spalle, unica rappresentante istituzionale dei pentastellati. Fare politica non significa, soltanto, spedire comunicati dalla Capitale dove i già grillini si sono ambientati molto rapidamente, come, e se possibile meglio, rispetto ai tanto vituperati esponenti della “Kasta” della Prima e della Seconda Repubblica, ma vuol dire essere presenti, fisicamente, sul territorio, per parlare, confrontarsi, conoscere e raccogliere le istanze profonde di una comunità. E non basta, certo, “l’importante iniziativa” organizzata per illustrare i dettagli (?) del reddito di cittadinanza e “quota 100″. Serve ben altro, perché tantissimi, e gravissimi, sono i problemi che affliggono la quotidianità dei reggini e non è con questo modo di fare politica che ci si può sentire vicini alle loro afflizioni. Per quanto paradossale possa apparire, è proprio il Movimento dell'”uno vale uno” l’apoteosi della personalizzazione della politica. Avendo rifiutato, per necessità o incapacità poco importa, la costituzione di una vera e propria organizzazione capillare sul territorio, esistono solo le pochissime persone fisiche “elette”, sconosciute al popolo tutto, sballottate in Parlamento per meriti altrui. Chiunque non sia accecato dal fanatismo in malafede, infatti, riconosce, che il consenso, in occasione delle elezioni celebratesi lo scorso 4 marzo, non è stato attribuito a Federica Dieni, ma al Movimento 5 Stelle in quanto tale. Non vale solo per lei, ma per quasi tutti i deputati e senatori pentastellati. Una condizione che, sia prima che dopo quella data, non ha modificato di una virgola, l’impalpabilità pentastellata a Reggio Calabria. Sì, anche prima, perché è bene tenere sempre ben a mente il casino osceno combinato con la candidatura al Senato: un caos che ha prodotto un passo indietro, quello del testimone di giustizia Gaetano Saffioti, ed una figura disonorevole con l’abbandono a sé stesso, ad un paio di settimane dall’apertura delle urne, del sostituto, il professor Bruno Azzerboni, reo di essere un massone, peccato capitale negli ambienti 5Stelle. E chi è che aveva proposto il suo nome senza, evidentemente, conoscerne le “frequentazioni”, note al resto della città? Mistero. A dispetto di quanto accaduto un anno fa, nulla è cambiato sotto il sole pentastellato: fuori dalla realtà reggina erano allora, fuori dalla realtà reggina continuano ad essere adesso se, come sarà, non riusciranno, loro, principale forza di governo, a raccattare un paio di decine di candidati autorevoli con cui schiantare la peggiore Amministrazione che questa città abbia mai sofferto. Non essere capaci di approntare una lista degna di tal nome nella realtà urbana di gran lunga più grande della Calabria, regione che in omaggio a tutti i disastrosi indicatori socio-economici, dovrebbe regalare al Movimento 5 Stelle una messe di voti in ogni competizione elettorale è, esso sì, un peccato capitale che non ammette perdono.

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