Scuola e vaccinazioni: Spirlì dietro la lavagna

Non tutto nella vita ha sempre una logica stringente, non tutti nella vita seguono le prescrizioni della razionalità, ma sempre, anche nelle circostanze deviate dal capriccio narcisista che dirotta dall’oggettività, è buona norma rimanere al di qua del confine oltre il quale si agitano gli spettri dell’insensatezza.

La proposta di Nino Spirlì, presidente facente funzioni della Regione Calabria, di serrare per l’ennesima volta l’ingresso degli istituti scolastici per agevolare la vaccinazione del personale docente e non docente è da far cadere, con determinazione e sollecitudine, nel pozzo delle assurdità sul cui fondo galleggiano insulsaggini e stupidaggini. Quale il motivo? Quale il presupposto? Due settimane di chiusura, a far data dal 22 febbraio, che si andrebbero ad accatastare su quella montagna di macerie di socializzazione infantile ed adolescenziale erettasi negli ultimi dodici mesi a causa della pandemia e delle sue diaboliche conseguenze, in particolare per demerito di Governo e Regioni incapaci, ad ogni step, di programmare il riavvio delle attività in presenza con tempismo ed efficacia. Una inoperosità che è caduta con tutto il suo peso gravoso sulle mille altre faccende didattiche ed organizzative di cui devono occuparsi proprio quei dirigenti scolastici e quegli insegnanti nei cui confronti Spirlì sfoggia un interesse, purtroppo per lui, mai suffragato da azioni concrete. Stiamo pur sempre parlando dello stesso tipo bizzarro che quattordici giorni addietro ha “svenduto”, all’ultimo momento utile, la didattica a distanza a richiesta come se si trovasse dietro il bancone pochi istanti prima della conclusione del mercato quotidiano in una piazzetta strapaesana. Le organizzazioni sindacali, che meglio del facente funzioni di stanza alla Cittadella regionale conoscono istanze ed aspettative degli addetti della scuola, infatti hanno subito espresso scetticismo riguardo all’idea di interrompere un cammino fin troppo sconnesso lungo il quale tutte le figure gravitanti attorno al mondo dell’istruzione sono state abbandonate al loro destino, per fortuna segnato, nella maggior parte dei casi, da dedizione e sacrificio. Ancor più singolare è che l’intenzione del presidente pro tempore della Giunta calabrese, mutuata da un altro paio di casi analoghi altrettanto schizofrenici, sia venuta fuori a stretto giro di posta rispetto all’ipotesi, ventilata da Mario Draghi nei giorni delle trattative per la formazione del nuovo Governo, di procrastinare il termine dell’anno scolastico alla fine di giugno. La riprova ulteriore di come, dal marzo dello scorso anno, si sia reso ancor più urgente tagliare le unghie al protagonismo cialtronesco di personaggi improbabili che in periferia hanno sottratto quote sempre più rilevanti di credito alle istituzioni tra le quali, purtroppo per il popolo italiano in generale e calabrese in particolare, sono da annoverare anche le Regioni.

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