Ore e giorni sono trascorsi, ma serviranno settimane prima che Giuseppe Falcomatà metta in fila le idee, concretizzabili, che ha maturato già ben prima della sera del 25 ottobre, quando dal Palazzaccio, casa della Corte di Cassazione, è arrivato in via ufficiale il via libera al suo ritorno sulla poltrona di sindaco di Reggio Calabria. Sentenze di primo grado e d’Appello cestinate dai magistrati supremi e fascia tricolore di nuovo indossata dal Primo Cittadino rieletto nell’autunno del 2020.
Da tempo è argomento di discussione la modalità di ripartenza della sua Giunta e dalla forma non può prescindere la sostanza che si chiama rimpasto. Un rimpasto a piene mani in un Esecutivo insoddisfacente agli occhi di un’opinione pubblica delusa e preda di una rabbia generica e generale. Un Esecutivo che Falcomatà non ha fatto mistero, una volta tornato sulla tolda di comando, di aver deluso profondamente anche lui.
La differenza tra il sindaco ed i cittadini è una e non banale: il primo ha l’opportunità materiale di disfarsi in men che non si dica di mezze figure e palle al piede. Non può non farlo, perché altrimenti dimostrerebbe a sé stesso ed alla società reggina che, in realtà, possono essere sostituiti i musicisti, può essere suonato un diverso spartito, ma il problema, dopo nove stagioni segnate da tre Giunte diverse e tutte molto al di sotto del minimo rendimento necessario, si annida nelle mancanze del direttore d’orchestra. Dunque, il sindaco si ritrova di fronte all’ennesimo, ma certo il più importante per le sue future fortune politiche e per il tanto agognato sviluppo della città, bivio del suo cammino lungo i labirinti di Palazzo San Giorgio.
Perché imbocchi la strada giusta non serve inseguire la messa in pratica di particolari alchimie: essa è già tracciata dall’esperienza accumulata durante la lunga permanenza in Municipio e, perché no, anche da quanto osservato nei due anni in cui la Legge Severino lo ha costretto alla panchina. Ringalluzzito dalla vittoria giudiziaria, ora non può non approfittare di questo nuovo status e, mettendo da parte dopo in periodo infinito la vicenda giudiziaria legata alla gestione Miramare, ha il dovere nei confronti della città di mandare definitivamente negli spogliatoi i giocatori che non hanno offerto prestazioni adeguate, i giocatori che non sono utili alla realizzazione, nei due anni e mezzo residui, di un audace piano di normalizzazione di Reggio Calabria, presa a schiaffi da disservizi insopportabili, presa a calci da una qualità della vita indecorosa, presa a pugni da una disperazione da respingere con fermezza.
Da quel giorno dell’ormai lontanissimo 2014 di acqua sotto i ponti ne è trascorsa talmente tanta che sarebbe incomprensibile, perfino agli occhi dei più critici, se Falcomatà non si lanciasse con coraggio nel salto di qualità buono a farlo diventare leader vero, dentro e fuori Palazzo San Giorgio. Adesso o mai più, perché è adesso che può mostrare di essere diventato padrone del proprio destino, e per una diretta conseguenza, di quello della città. Un “padrone” che ribalta a proprio vantaggio veti e ricatti, con la coscienza di chi ha finalmente acquisito la certezza di avere il coltello dalla parte del manico, di essere diventato leader non più sotto scacco di equilibrismi ambigui ed obliqui.
Qualcuno soffre di mal di pancia? Meglio per tutti che ritorni a casa per le cure adeguate senza continuare ad affliggere i reggini. Qualcuno pensa di poter disporre di un potere d’interdizione, a suon di veti e ricatti vantando una indimostrata forza imperniata su un presunto consenso, in grado di condizionare negativamente l’azione del Primo Cittadino? Guai ad accontentarlo: sarebbe la via maestra per moltiplicarne la voracità. Qualcuno pensa di continuare, come fatto per troppo tempo con tracotanza, a muovere i fili da burattinaio dietro le quinte? Recida questi fili velenosi e si renda conto, peraltro, che mese dopo mese gli emolumenti di lillipuziani e nani aumenterà fino a sfiorare la somma di 9mila euro lordi. Una cifra da prestigiosi manager di alto livello. Ecco, Falcomatà si domandi per ciascuno degli attuali componenti della Giunta e per quelli passibili di essere chiamati a farne parte in sostituzione di quelli, di scarso valore, in uscita: quale di questi signori e di queste signore meritano, per curriculum e capacità politico-amministrative, di percepire una somma del genere? Chi, tra gli assessori in carica, ha le qualità per giustificare agli occhi dell’opinione pubblica, uno stipendio simile? Le domande sono semplici e il sindaco si fidi: le risposte lo sono ancora di più.