Resistono le accuse per i presunti vertici della ‘ndrangheta calabrese, crollano quelle nei confronti di esponenti del mondo della politica e di professionisti. Il primo step del processo “Rinascita-Scott” sgonfia in parte la portata dell’operazione perché su 338 imputati 131 vengono assolti o usufruiscono della prescrizione e riapre la riflessione su chi viene privato della libertà ma poi si rivela innocente. In particolare, arrivano all’assoluzione l’ex sindaco di Pizzo Calabro Gianluca Callipo e l’ex assessore regionale Luigi Incarnato, solo un anno e sei mesi per l’ex consigliere regionale Pietro Giamborino (la richiesta era di 20 anni). Fuori dal tunnel, inoltre, l’ex assessore all’Ambiente di Vibo Valentia Vincenzo De Filippis e l’ex presidente della Vibonese Francesco Michelina Patania. Condanna, invece, a 11 anni di reclusione (la richiesta era di 17) per il principale rappresentante politico coinvolto, l’ex parlamentare Giancarlo Pittelli.
Dure condanne, come si diceva in principio, per chi è accusato di guidare la criminalità organizzata come Domenico Bonavota, Saverio Razionale, Paolino Lo Bianco e Antonio Vacatello.
Tante le riduzioni di pena rispetto alle richieste dell’accusa. Ciò, unitamente alle assoluzioni, indica che non è stato possibile confermare con le prove quanto era stato ipotizzato.
Non può sfuggire, pertanto, una considerazione: se è indispensabile in un territorio come quello calabrese continuare a battersi con determinazione per sconfiggere la ‘ndrangheta, è anche opportuno andare cauti sui giudizi sulle persone sulla base di articoli di giornali elaborati sulla base di accuse che poi svaniscono. Persone che vedono “interrotta” o “violata” la loro vita per via di errori del sistema della giustizia. A loro chi restituirà i mesi o gli anni in cui non hanno potuto avere l’affetto dei familiari, in cui la loro carriera si è arenata, in cui la loro posizione economica e sociale è stata devastata?