
Per l’amor di Dio, in tanti potranno dirsi serenamente indifferenti nei confronti dell’attenzione riservata alla padronanza della lingua madre da parte di un paio di candidati al Consiglio regionale della Calabria, ma un minimo di decoro formale, in realtà, è dovuto, soprattutto se essi concorrono sotto le fiere insegne della Lega, il partito sovranista per eccellenza, l’ombrello sotto il quale i nazionalisti del terzo millennio tentano di ripararsi dai gas venefici dell’Europa feroce e della globalizzazione assassina.
Capita, infatti, che considerazioni affidate a Facebook nel recentissimo passato rimangano lì in bruttissima mostra senza che gli autori si rendano conto o, comunque, avvertano l’esigenza di correggere strafalcioni che sembrano tutt’altro che causali. Protagonisti, loro malgrado, Franco Recupero, espressione reggina del salvinismo primordiale senza macchia e senza paura, e l’avvocato Roy Biasi dalle idee meno granitiche e più oscillanti tra un partito e l’altro del centrodestra, nonché lungamente sindaco di Taurianova. Il primo si è distinto per una delle più infingarde tra le trappole della lingua italiana, quella stessa che i profeti del sovranismo dovrebbero conoscere a menadito: la sottile differenza che passa tra la s e la z, una linea talmente esile, però, da indurre qualcuno, nella fattispecie il leghista doc dello Stretto, a scrivere pubblicamente “senZo dello Stato”. Una z di troppo, inopportuna come certe prese di posizione del suo leader e sfuggita al controllo della “Bestia”, l’infernale macchina da guerra allestita da Luca Morisi, lo stratega social di Matteo Salvini, per denigrare chiunque osi piazzarsi sulla strada del “Capitano”. Non da meno è stata la prova esibita da Roy Biasi che, certamente condizionato dalla felicità incontenibile aver contribuito a far calare il sipario sull’Amministrazione comunale di Taurianova guidata fino a qualche settimana fa da Fabio Scionti, ha mostrato una certa confusione nel combinare plurale e singolare nella medesima frase ed è incappato nel più classico degli scivoloni tipici dell’idioma fantozziano: il congiuntivo storpiato. Quell'”abbino” buttato lì, in pasto alle migliaia di amici social, è come un ghigno beffardo sbattuto in faccia a quei pochi, pochissimi che, ancora credendo nella dignità dei rappresentanti istituzionali, rimpiange la seriosa e verbosa puntigliosità grammaticale di coloro i quali possedevano, contemporaneamente, un alto “SenSo dello Stato” ed una conoscenza impeccabile della grammatica italiana.

