Reggio va in rovina nell’apatia della (sedicente) opposizione

Assodato che quella messa in piedi da Giuseppe Falcomatà sarà la consiliatura che i reggini ricorderanno come un castigo divino inflitto per espiare colpe, evidentemente, imperdonabili, un quesito emerge con prepotenza: quale misero destino è stato riservato dal Fato alla presunta opposizione? Provate a chiedere ad un cittadino qualsiasi se conosca una iniziativa, efficace ed incalzante, di un rappresentante della minoranza. Non solo vi risponderà che gli è ignota, ma aggiungerà che, nel corso dei quasi tre anni di Amministrazione del centrosinistra, non ha familiarizzato con alcun nome o con alcuna faccia degli esponenti della minoranza. Sarà impreparazione, mancanza di coraggio, assenza di personalità, ma è un fatto che le istanze dei reggini, stuprati dal malgoverno della Giunta Falcomatà, non hanno mai trovato naturale sponda in prese di posizione degne di tal nome da parte dello sparuto drappello consiliare di centrodestra. Un immobilismo che, se possibile, è grave quanto l’inconsistenza dell’Amministrazione Comunale. Non un sussulto d’orgoglio, non una battaglia, ad eccezione di irrilevanti scaramucce col contagocce. Le gravissime condizioni in cui è precipitata la città, acefala ed in preda ad una pericolosa anarchia perché sprovvista di una guida autorevole, meriterebbero battaglie campali e feroci da combattere col coltello fra i denti. Escludendo il sit-in organizzato da Fratelli d’Italia nel tentativo di salvaguardare un aeroporto agonizzante a prescindere dalle scelte adottate da Alitalia, non si ricordano prese di posizione che giustifichino il ruolo delegato loro dagli elettori. Basti pensare, solo per fare l’esempio più eclatante perché riguardante il diritto primario per eccellenza, che non una risoluzione, collettiva e determinata, è stata messa in piedi da coloro che dovrebbero, obbligatoriamente, scagliarsi contro l’assenza di acqua nelle abitazioni del centro storico, di Tremulini, di Condera, di Sant’Anna, di Archi e di mille altre popolose zone della città. Magari qualcuno ritiene che un’interrogazione, della cui risposta nulla si sa, o uno striminzito comunicato siano sufficienti per mettersi la coscienza a posto, ma siamo distanti anni luce da ciò che sarebbe necessario. Si rivolgano al Prefetto, corrano in Procura, si ergano, per una volta, a paladini senza macchia e senza paura delle legittime richieste provenienti dalle viscere della città. Per meritare il rispetto dovuto a chi lotta per proteggere i cittadini dalle sconcezze partorite dal Capo dell’Esecutivo di Palazzo San Giorgio, sono, infatti,  ben più ponderose le azioni da mettere in campo un giorno sì e l’altro pure. Non farlo significa tradire il mandato, non farlo significa disertare. Recarsi con diligenza ogni mattina in Municipio per “timbrare il cartellino” e, partecipando alle sedute delle varie Commissioni, raggranellare qualche centinaio di euro al mese, sarebbe degno di nota se a farlo fossero impiegati pubblici. Chi è deputato a mettere spalle al muro un sindaco la cui conduzione amministrativa è, oggettivamente, dannosa per gli interessi del popolo, ha il dovere morale, prima ancora che politico, di sguainare la spada e scontrarsi senza tregua con i flagelli generati dalla mala amministrazione. Al contrario, tra i banchi della minoranza regna, incredibilmente, la quiete: come se fossero lì da semplici spettatori, non paganti, ma pagati, di uno spettacolo osceno. Impotenti, hanno abbandonato a loro stessi cittadini che, smarriti e disorientati, non hanno più punti di riferimento e, di conseguenza, non sanno come canalizzare la collera scatenata dall’alluvione di disservizi da cui sono travolti. E’ vero che il primo a doversi dimettere subito e senza indugi, per manifesta inadeguatezza, è lo stesso Falcomatà, ma i membri della minoranza, se non ritengono di essere all’altezza dell’auspicata trasformazione in una spietata falange dell’opposizione, liberino i banchi dell’Aula intitolata a Pietro Battaglia e si dedichino a tempo pieno alle loro professioni. Per apprendere le tecniche regolari dell’esercizio di un’attività simile si informino, ed abbiano l’umiltà di chiedere, per fare un nome esemplificativo che, si spera, metta d’accordo tutti, ad Enzo Vacalebre, leader di Alleanza Calabrese. In caso contrario, rinuncino e se ne vadano: ne va del corretto funzionamento della democrazia, ne va della dignità di una città vilipesa dall’incoscienza.

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