Reggio sacrificata sull’altare dell’astiosa solitudine di Falcomatà

Se l’esigenza fosse quella di rimanere all’interno del recinto della politica, non ci sarebbero dubbi: Giuseppe Falcomatà ha sacrificato gli interessi della città sull’altare dell’orgoglio personale ferito. Le parole utilizzate da Lorenzo Guerini, Coordinatore della Segretaria Nazionale del Partito Democratico, non lasciano scampo: nessuno, dal Nazareno, ha autorizzato il giovin signore a liberarsi di Angela Marcianò, che di quella stessa Segreteria è componente in barba alle adolescenziali frustrazioni del Primo Cittadino. E, del resto, come avrebbe potuto essere altrimenti? Come avrebbe potuto, Matteo Renzi (o chi per lui), delegittimare una docente universitaria cooptata meno di due mesi fa nel massimo organismo interno del PD? Un’interpretazione di comodo, dalle forme tipiche di una polpetta avvelenata che il Primo Cittadino di Reggio Calabria ha veicolato con scarsa arte, sia sua sia di chi l’ha trangugiata voracemente infischiandosene della verità e della logica. Falcomatà, indipendentemente dalle sue concrete scelte future, è già oggi, nella sostanza dei fatti, fuori dal PD. E chissà, non sarà un caso che sulla sua pagina Facebook, già da qualche giorno, tra le pagine che piacciono non figura più quella del PD nazionale. Ma, a prescindere dai gusti social, sarà interessante capire come, da domani in poi, il sindaco tenterà disperatamente di ottenere qualcosa a beneficio della Città Metropolitana dopo aver reciso di netto tutti i ponti con i vertici del partito che governa l’Italia e che, almeno in teoria, sarebbe (ancora) anche quello cui appartiene. Dove andrà a finire quella boriosa rivendicazione del filo diretto con i Palazzi che contano? E’ noto, infatti, il carattere vendicativo di Matteo Renzi che, sebbene non sia più, da sette mesi, presidente del Consiglio, detiene pur sempre la golden share del Governo. Si dirà, perché l’ipocrisia e l’idiozia sono sempre in agguato, che non si devono confondere il piano istituzionale con quello della politica politicante (come la chiamerebbe Silvio Berlusconi), ma siccome il terreno è quello del realismo politico è bene sapere fin d’ora che Falcomatà dovrà avere una pelle molto resistente: tante, tantissime, saranno le porte che gli saranno sbattute in faccia. Peccato, però, che dietro la sua faccia ci sia quella di Reggio Calabria. Capiterà in tutte le occasioni possibili, ma di questo aspetto il sindaco ha preferito disinteressarsi per concentrare la sua attenzione sull’offesa ricevuta.

Un oltraggio talmente intollerabile per la fragile psiche di Falcomatà che fin dal principio era apparso chiaro il modo in cui sarebbe finita (per ora) la storia: il Primo Cittadino aveva già deciso di scacciare da Palazzo San Giorgio Angela Marcianò, ma sapeva (almeno questo) che, trattandosi di una scelta estremamente impopolare, sarebbe stato necessario disporre di una copertura. L’ha cercata nella maggioranza e, al netto di “castorinate” e penose note diffuse da Palazzo San Giorgio, non l’ha trovata. Gli restava un’unica strada: provare a convincere Roma che Reggio Calabria necessitava, per una proficua azione amministrativa, di sbarazzarsi di Angela Marcianò. E’ risaputo, infatti, che tutto in riva allo Stretto funziona alla perfezione grazie alle immense qualità di una squadra di governo cittadino talmente uniche da suscitare l’invidia di New York e Copenaghen, Londra e Vienna. Il colpo di mano, tuttavia, gli è riuscito soltanto per il breve spazio di una mattinata, il tempo necessario perché la notizia del licenziamento circolasse nella pancia popolare. Già nel pomeriggio di sabato, la bugia appariva per quello che era e Guerini lo ha messo nero su bianco, a scanso di equivoci: “In riferimento a quanto apparso su alcuni organi di stampa calabresi in merito alla revoca delle deleghe all’assessore Marcianò da parte del sindaco Falcomatà, sono costretto a smentire che tale decisione sia stata ‘autorizzata’ dal Pd nazionale e in particolare da me. La realtà è ben diversa: sollecitati dal partito calabrese, ho provato a favorire un chiarimento che potesse far superare i problemi creatisi, nel pieno rispetto dell’autonomia decisionale dei livelli politici ed istituzionali locali, a partire dal sindaco Falcomatà. Sono dispiaciuto che non sia stato possibile, ma è evidente che le scelte sugli assetti amministrativi di una città competono al sindaco, che ha la piena titolarità e responsabilità delle decisioni che assume”. Traducendo dal politichese, Falcomatà ha scelto in astiosa solitudine ed è quello il futuro che lo attende: firmato PD.

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