Questione cinghiali, verso l’avvio dei Piani di contenimento: i dettagli

Sempre più esteso, sempre più evidente, il problema della diffusione incontrollata dei cinghiali potrebbe trovare un argine rilevante in uno strumento di indirizzo per le aree protette, proposto dal Dipartimento Ambiente e dall’Assessorato guidato da Antonella Rizzo, passato al vaglio della Giunta regionale nella sua ultima seduta. L’approvazione dell’apposita delibera consente infatti l’avvio dei Piani di contenimento nelle aree protette regionali con specifico riferimento al Parco delle Serre.

Oggetto della direttiva sono gli interventi di contenimento delle specie problematiche anche attraverso “prelievi faunistici” e “abbattimenti selettivi” all’interno delle aree protette di competenza regionale. Tali operazioni rientrano nell’ambito delle attività riferibili al “controllo numerico” della fauna che rappresenta solo una tra le diverse opzioni gestionali attuabili nell’ambito del controllo faunistico. L’esperienza maturata negli ultimi decenni in diversi contesti locali dimostra, infatti, che per affrontare il problema nella sua complessità i risultati migliori si ottengono avvalendosi, all’occorrenza in modo concomitante e sinergico, di strumenti di diversa natura quali:

•    indennizzo;

•    prevenzione;

•    informazione;

•    concertazione;

•    controllo numerico.

FINALITÀ La direttiva definisce le linee guida per “l’attuazione di interventi di controllo numerico ivi compresi eventuali prelievi ed abbattimenti selettivi di specie animali la cui presenza reca squilibri ecologici all’interno delle aree protette di competenza regionale”. Atteso che il primo tra gli obiettivi generali di un’area naturale protetta è la conservazione degli ecosistemi naturali, nonché dei processi e degli equilibri ecologici che li caratterizzano, l’attivazione di una strategia di riduzione del conflitto tra uomo e ambiente naturale deve basarsi sull’accertata presenza di squilibri ecologici.

OPPORTUNITÀ DELL’INTERVENTO Il primo passo del processo decisionale consiste nell’esaminare la natura degli elementi del conflitto alla luce della loro rilevanza ecologica, economica e sociale. Preliminare a ciò diventa, pertanto, l’acquisizione di una sufficiente conoscenza in merito a:

•    popolazione responsabile dei danni (distribuzione, consistenza, struttura, ecc.);

•    impatti causati (tipologia, distribuzione, rilevanza ecologica e, nel caso di attività produttive, entità economica).

OBIETTIVI La direttiva parte dall’assunto secondo cui “in un contesto faunistico quale quello attuale, il manifestarsi di una certa quota di danno alle colture sia da considerarsi un fatto fisiologico, piuttosto che prefiggersi un’improbabile eliminazione dei danni, appare realistico perseguire la strada dell’attenuazione del conflitto a livelli tollerabili”. In altri termini, “si deve tendere al raggiungimento di una situazione di equilibrio sostenibile tra l’ammontare dei costi sociali ed economici del danno alle colture, in termini sia di indennizzo che di prevenzione, e una consistenza di popolazione sufficiente (almeno per quanto concerne le specie autoctone) al mantenimento del ruolo ecologico della specie nell’ecosistema protetto”.

STRUMENTI D’INTERVENTO Le azioni da mettere in campo prevedono prelievi faunistici (catture) e due tipi di abbattimento (abbattimento individuale da appostamento, abbattimento collettivo mediante “girata”).

La gestione degli animali prelevati, siano essi catturati in vivo o spoglie di soggetti abbattuti, avverrà nel rispetto delle normative vigenti in materia.

In particolare, le possibilità previste sono tre:

•    traslocazione e successivo rilascio in aree non recintate sufficientemente distanti da evitare il rientro dei soggetti nel sito di cattura;

•    traslocazione presso strutture adeguatamente recintate;

•    soppressione presso il sito di cattura o altro luogo idoneo.

Sono inoltre previsti il monitoraggio degli effetti e la valutazione critica dei risultati.

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