
“Non ho i titoli per sapere cosa stia avvenendo tra Palermo e Trapani, ma continuo a credere che è meglio la situazione attuale rispetto a quella di allora in Sicilia prima delle stragi. A mio avviso, però, il potere delle mafie oggi sta a Reggio Calabria. E dobbiamo cominciare ad accettare che la parola mafia va declinata al plurale: non c’è solo quella siciliana. C’è la ‘ndrangheta, la più ricca, potente e pericolosa, e poi le varie camorre e tante altre mafie, le cosiddette piccole mafie”. Pensieri e parole di Giuseppe Pignatone, Procuratore della Repubblica di Roma, che ha partecipato al ventennale della redazione di Palermo del quotidiano “La Repubblica”. Concetti che l’alto magistrato ha espresso sul palco del Teatro Massimo. “La ‘ndrangheta – secondo il capo della Procura capitolina – ha sempre sfruttato l’isolamento della sua regione — come un elemento di forza per crescere, radicandosi nel territorio. Partendo da questa posizione di forza, la ‘ndrangheta ha rifiutato le proposte di Riina di partecipare alle stragi ma, quando lo Stato ha concentrato la sua azione dal terrorismo alla mafia, ha preso il posto di Cosa nostra siciliana nel traffico internazionale di stupefacenti. Anche la ‘ndrangheta come la mafia è un’associazione unitaria con una struttura verticistica. Ma i calabresi hanno qualcosa di più: i loro associati sono in tutto il mondo, ma tutti riconoscono che la ‘casa madre’ è la provincia di Reggio Calabria. Le controversie che nascono in Canada, per fare un esempio, vengono risolte in Calabria”. “Questa -è la sentenza conclusiva di Pignatone- rappresenta oggi la potenza della ‘ndrangheta”.
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