Alla lunga l’assenza di una personalità, individuale e collettiva, in un individuo o in un organo istituzionale fa sì che le pose assunte in pubblico diventino, magari anche inconsapevolmente, quelle del capetto dante causa, simili a quelle di chi, con una acrobazia cerebrale inimmaginabile, ha fatto di uno scialbo stuolo di miracolati un branco assetato di avido potere.
E come il sindaco sospeso di Reggio Calabria, anche il suo facente FINZIONI e molti dei componenti di una maggioranza, tale solo in quei metri quadrati dell’Aula “Pietro Battaglia”, striminzita e trascurabile per le piazze e le vie della città, non appena se ne presenta l’occasione (per esempio nel corso dei rarissimi eventi un tempo conosciuti con l’espressione Consiglio comunale), indossa i panni del finto capopopolo. Allude senza dire, dice senza spiegare, spiega senza chiarire, accenna senza approfondire. Prova così a saltare l’ostacolo che si frappone nel corso del simulacro di dibattito e tira avanti tronfio di aver tirato fuori un titolo buono per i giornali. “Vogliono affossare l’aeroporto”, si è lagnato facendosi scudo dello scranno sul quale si è seduto senza ancora avere capito come e perché. Minchia! Parole severe, pregne di furore, pronunciate in un contesto solenne come quello di una seduta della massima Assemblea cittadina. Chi ascolta, allora, cosa immagina avendo le orecchie assordate dall’eco rimbombante di quel proclama? Immagina, ragionevolmente, che non essendo seduti in una taverna ad avvinazzarsi, ma nella sede deputata all’amministrazione di una Città metropolitana, il facente FINZIONI, vada infine all’assalto, lancia in resta, dei celeberrimi nemici di Reggio (figure mitologiche di cui tutti sanno, ma che nessuno indovina dove vivano, cosa facciano nella vita, come si cibino, quali siano i loro metodi di riproduzione) e li stani uno ad uno, urlando il nome di ciascuno additandoli al pubblico ludibrio prima di bruciarli sul rogo della lesa regginità. Invece, nulla, niente, silenzio: pallone buttato in tribuna con un riferimento inutilmente generico a parlamentari, consiglieri regionali, governance di SACAL, caporalmaggiori, attendenti, inservienti. “Vogliono”: terza persona plurale che presuppone soggetti ben definiti, con tratti fisiognomici altrettanto caratterizzati, con identità anagrafiche precise. Questo accadrebbe sul pianeta abitato dalla serietà, non su quello interamente ricoperto da un infinito tendone da circo sotto il quale si divertono a guadagnare qualche soldino, vagheggiando di essere addirittura “politici”, un paio di decine di creature impossibili da catalogare nel novero dei gestori della Cosa pubblica. Infatti, a parte il tono sprezzantemente arrogante nei confronti dei rappresentanti della minoranza, rei di qualche timida sollecitazione indirizzata verso i banchi del “Comando generale”, il mutismo privo di qualsiasi articolazione gutturale si è impossessato, immediatamente dopo, delle corde vocali del facente FINZIONI, nonché dei giannizzeri del centrosinistra intervenuti prima e dopo. Siamo, pertanto, costretti, a vivere ancora nella foresta affollata di misteri: chi saranno mai questi farabutti che “vogliono affossare l’aeroporto”? Eserciti ostili in assenza dei quali saremmo, forse, stati invasi da miliardidimilioni di turisti? Sabotatori istituzionali in assenza dei quali una scatola vuota e precaria come il “Tito Minniti” sarebbe scoppiata di arrivi fino a trasformare qualsiasi altro scalo italiano in un minuscolo terminal al servizio della struttura in riva allo Stretto? Vero è che da affossatori di città per demeriti professionali ci si aspetta una facilità irrisoria nel riconoscere i propri simili, ma è altrettanto vero il contrario. Il facente FINZIONI, infatti, ha ammesso candidamente di essere stato presente, insieme al pari grado che, nell’edificio di fronte a Palazzo San Giorgio, si aggira con l’aria frastornata da una ingiustificata boria, alla Conferenza dei Servizi dove, con tutta evidenza, sono stati considerati al pari di ospiti indesiderati e della cui posizione non tenere conto nemmeno per scherzo. Qualcuno, viste le condizioni di abbandono nelle quali è scaduta Reggio Calabria può forse biasimare gli interlocutori dei sindaci per caso e di passaggio? Suvvia, questi occasionali indossatori di fasce tricolori, causa sospensione per condanna in primo e secondo grado del loro principale, il dispensatore di Grand Hotel novello Totò in versione venditore della Fontana di Trevi, come possono essere credibili usciti dal perimetro di Piazza Italia? Ed ha ragione, per una volta, il facente FINZIONI, quando in Aula, per farsi beffe dei colleghi dell’opposizione, afferma con sarcasmo, che questa è “l’Amministrazione più scarsa della storia sulla comunicazione” perché, povera anima, in occasione di ogni seduta del Consiglio comunale deve rispondere a cose che conosce tutta la città ad esclusione dei consiglieri di minoranza. Ha ragione: se avesse funzionato, almeno, la comunicazione, quella città intera che, a suo dire, ne conoscerebbe le opere mirabolanti, non avrebbe riservato loro discredito, unanime ed eterno, dal quale sono esonerati solo clientes e sudditi.