PD di Reggio in subbuglio dopo l’ingresso della Marcianò nella Segreteria Nazionale

Scioccati, increduli, basiti: la notizia, piombata nella serata di ieri e proveniente direttamente dalla Direzione nazionale celebratasi a Roma, ha fatto sprofondare nella delusione i rappresentati del  Partito Democratico reggino. La promozione di Angela Marcianò da parte di Matteo Renzi, del tutto inaspettata nei corridoi di Palazzo San Giorgio, è stata un autentico fulmine che ha squarciato il cielo, a dire il vero già poco sereno, del PD in riva allo Stretto. Per mesi l’ingresso del sindaco Giuseppe Falcomatà nella Segreteria nazionale era stato dato per acquisito, una formalità. I tempi congressuali hanno poi indotto il leader Democrat a soprassedere ed a spostare alla fase successiva la riscrittura dell’organigramma. Un lungo periodo di fiduciosa attesa concluso con l’inequivocabile rumore provocato da un pugno sul volto. Quel che non convince gli esponenti del partito di Reggio è il metodo adottato: nessuno discute l’autorevolezza e le qualità dell’assessore comunale prescelto. Ma a prevalere in queste ore è il sentimento di umiliazione. Spalancare le porte alla giovane docente universitaria di Diritto del lavoro che in tasca non ha mai avuto la tessera del PD è stata vissuta come una mortificazione da parte di tutti coloro che possono vantare anni, se non decenni, di militanza. Spianando la strada ad Angela Marcianò, Renzi ha rifilato uno schiaffo in pieno volto al sindaco. Non eletta, era stata destinataria di un incarico fiduciario al momento della composizione della Giunta in cui ricopre il ruolo il ruolo di assessore a Legalità e Trasparenza, Lavori Pubblici, Attuazione Protocollo ANAC, Politiche della Casa e dismissione del ghetto di Arghillà, Contrasto all’Abusivismo Commerciale. Fin dai primi passi mossi dall’Esecutivo comunale, tuttavia, i rapporti tra i due si sono progressivamente deteriorati ed il rimpasto nella squadra di governo cittadino, assai travagliato e conclusosi alla vigili di Natale, non è un mistero che avrebbe dovuto essere l’occasione giusta per liberarsi di una presenza fattasi sempre più ingombrante. A nulla, in questo caso, sono servite le smentite di rito da parte del Primo Cittadino che, quanto meno, era convinto di poter depotenziare in quella circostanza un personaggio destinatario di una benevola considerazione da parte dell’opinione pubblica. Le scosse telluriche che si stanno registrando fin da ieri sera producono, però, danni ancor più in profondità, ed altri ne produrranno a breve, per una ragione: a Reggio il Partito Democratico non esiste. Definirlo “liquido” è già un eufemismo. Orfano da anni del congresso provinciale, viaggia senza guida  e senza meta, affidato alle mani “(invisibili agli interlocutori) di Giovanni Puccio, nominato ormai sette mesi fa Commissario. Il PD ha smarrito, e quest’ultima vicenda ne è una lampante conferma, la sua linfa vitale, in balia di informali catene di comando, di generali senza truppe e di un venticello fastidioso che mette tutti contro tutti. Il confronto nei Circoli ha lasciato spazio ad una esasperata personalizzazione in cui nessuno risponde più a nessuno. La decisione, secca ed autoritaria, di Renzi non sarà senza conseguenze. Nel partito, infatti, ora e senza alcuna possibilità di rinvio, sono tutti d’accordo almeno su un minimo comun denominatore: c’è bisogno di un chiarimento urgente. L’operazione “Marcianò” non può passare sotto silenzio e tutti ne vogliono conoscere l’origine.

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