
Ad ogni elezione viene promesso il rilancio. Ma puntualmente che vinca la destra o la sinistra (o tutto ciò che sta in mezzo o di lato) poco cambia. O forse qualcosa cambia, perché talvolta va anche peggio rispetto a prima. Il Parco delle Serre rimane impantanato in logiche politiche poco comprensibili all’esterno, in un clima di sempre maggiore indifferenza e rassegnazione. Dopo qualche anno in cui è sembrato poter incidere (alla lontana) sui processi di crescita e di valorizzazione del territorio, è tornato ad essere considerato una scatola vuota. Vuota come la sua pianta organica, vuota come l’idea che i diversi Esecutivi regionali che si sono succeduti hanno dimostrato di avere rispetto alle azioni da mettere in campo in favore di questa area.
Da settembre l’Ente si trova addirittura senza guida: scaduto il mandato del commissario Giovanni Aramini, non c’è stata nessuna nuova indicazione e il Parco è sprofondato nell’oblio e nel mistero. Ufficialmente, nessuna notizia in merito, ma dagli spifferi della Cittadella si avverte il soffio dei contrasti relativi agli equilibri interni della maggioranza. Intanto, quel che poteva esserci di programmazione resta fermo, in attesa. Come se un territorio dalle grandi potenzialità ma dal grave ritardo di sviluppo potesse attendere i tempi delle spartizioni della politica. Che evidentemente ha altre priorità rispetto alla tutela dell’ambiente e alla crescita delle Serre.
Il territorio viene dipinto come “centrale” quando c’è da raccogliere voti, poi però diventa periferico quando si tratta di adottare gli interventi. Che l’aspetto politico prevalga su quello delle progettualità lo si capisce inoltre dal fatto che l’Ente sia privo da tre lustri di un presidente e del consiglio direttivo: anche in questo caso non è chiaro se per motivi di carattere economico o per convenienza politica (la presenza di un presidente e del consiglio direttivo implica confronto; quella di un commissario consente decisioni, almeno all’apparenza, senza il coinvolgimento di altre teste). Ad ogni modo, il prezzo la paga la comunità che – senza riferimenti diretti in Cittadella o a Palazzo Campanella – subisce ritardi, scelte e strategie.