Paolo Ferrara, un tale “libero di ricominciare” da dove gli conviene

Se c’è ancora qualcuno che prova disgusto per la prostituzione politica praticata in stanze destinate ad orge nelle quali il pensiero è un vuoto a perdere e la circonferenza del proprio ombelico l’orizzonte assoluto dentro cui dimenarsi sotto gli occhi satanici dei farisei insozzati dalla loro stessa balordaggine vuol dire che la fiammella della speranza merita di essere alimentata.

Che un certo Paolo Ferrara, caricatura dal significato nullo e dalla candidatura facile con chiunque, sia membro della banda messa su dal suo nuovo Capitano di un vascello inadatto anche a galleggiare sul lago antistante lo Stadio Granillo di Reggio Calabria quando il cielo, provvidenzialmente, lascia cadere acqua sulla città dei morti viventi e votanti, dovrebbe scandalizzare solo se fossimo convinti che la maggior parte dei rappresentanti della classe politica locale abbia una dignità da difendere. Invece, anche se è comodo infilarsi il vestito buono della riprovazione, sappiamo bene che per stanare il prototipo umano del politicante reggino è indispensabile scavare, scavare e scavare fino a superare quel fondo dove il puzzo è accolto come una fragranza inebriante in grado di soffocare anche le esalazioni più ributtanti da figurarsi. Fino a poco prima era percepito, (perché a Reggio Calabria ormai quella che altrove è considerata politica è un’entità inesistente e, dunque, appunto, solo percepita) come un rappresentante di Fratelli d’Italia e, giusto il tempo di un paio di gol subiti dalla Reggina, ce lo si ritrova nel bel mezzo dell’accozzaglia partorita dal Priore dell’Ordine monastico dei “Piedi Scalzi”, Giuseppe Falcomatà? Tutto qui? E’ questo che genera un indomabile stupore? Davvero? Ma da dove arrivate? Forse da terre più lontane di quelle, a Oriente, da cui si mossero i Magi? Perché altrimenti sapreste che in riva allo Stretto Fratelli d’Italia, negli anni è stato il partito trasformista dove le porte girevoli fungevano da giostra montata per dar da divertirsi a Domenico Creazzo ed Alessandro Nicolò, da ruota panoramica dalla quale Massimo Ripepi impartiva sermoni di pace. Sgraniamo gli occhi per un signore, il Paolo Ferrara in questione, che, già nella denominazione impiegata sette anni addietro, rivendicava il diritto di essere “Libero di ricominciare”? E lui, infatti, ogni volta, che sia Platì o un qualsiasi altro puntino invisibile del pianeta, ricomincia da un punto di lancio sempre differente per approdare in braccio a padroncini teneri che tutto e tutti accolgono con sorriso misericordioso. A questo giro toccava al sindaco tutto d’un pezzo, inappuntabile e pregno di valori non negoziabili, prendersi cura dell’anima persa nei tunnel bui dell’ingratitudine. Chissà se la Città Metropolitana potrà essere un riparo protetto o se la fuga dalla decenza e dalla moralità, fameliche belve voraci nell’azzannare alla giugulare le bassezze delle banderuole, seguiterà. Presto o tardi anche gli assassini della Politica ed i loro mandanti si assoggetteranno alle Tavole Sacre dell’ossequio al volere del popolo, quello vivo e da non resuscitare con i duplicati elettorali unti dall'”uomo di legge”.

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