
“La notizia dell’ubicazione della Casa della Comunità nel Presidio ospedaliero ‘San Bruno’ e non nei locali, abbastanza confortevoli e capienti, del Distretto sanitario che va di pari passo con un’altra di carattere confidenziale, acquisita qualche mese fa, che riferisce di un declassamento del Pronto Soccorso in semplice P.P.I. (Punto di primo intervento), non fa altro che alimentare e, purtroppo, confermare la volontà di interrompere la funzione di ospedale del ‘San Bruno’”.
Il presidente del Comitato “Trasversale delle Serre – 50 anni di sviluppo negato” Fioravante Schiavello arriva a questa deduzione dalla lettura della normativa che regola “l’attivazione e il funzionamento dei Punti di Primo Intervento che dispone chiaramente che il P.P.I. ‘…permette una razionalizzazione della rete dei Pronto Soccorso riconvertendo strutture non in grado di mantenere standard elevati di prestazioni e, in altri casi, in particolare in zone disagiate, costituisce un riferimento sanitario in h 24 per la popolazione…’”.
Schiavello analizza le competenze dei P.P.I e rileva che essi, “disponendo di competenze cliniche (personale medico e infermieristico) e strumentali, devono fronteggiare e stabilizzare, temporaneamente, le emergenze per poi trasferirle al Pronto Soccorso dell’ospedale di riferimento, fornendo, in sostanza, risposte a situazioni di minore criticità e di bassa complessità. Inoltre – aggiunge – sono ubicati in Presidi delle Aziende sanitarie individuati dopo la riorganizzazione della rete ospedaliera”. A suo avviso, “tutto ciò conferma la volontà dell’Ente programmatore (la Regione e per essa il commissario ad acta per il piano di rientro, il presidente Occhiuto) di voler declassare l’ospedale di Serra in Casa della Comunità”.
Ne scaturisce una riflessione di carattere politico/sociale che “dovrebbe essere estesa non solo all’ospedale ed alla sanità ma al complesso delle attività che garantiscono, in un determinato territorio in via di spopolamento quale è il nostro, un minimo di convivenza civile”.
Schiavello invita pertanto a “prendere atto che l’ospedale così come è adesso non garantisce gli standard di prestazioni sanitarie che dovrebbero essere erogate da un ospedale di zona disagiata o di montagna” e sostiene che “non è concepibile pensare che questi motivi possano indurre a chiudere l’ospedale, mentre in altri posti e per la stessa tipologia di condizioni (San Giovanni in Fiore, Acri ecc.) gli ospedali sono stati potenziati di personale e strumentario e sono stati riaperti Reparti che, in precedenza, erano stati chiusi”. Quindi, “L’ospedale di Serra San Bruno deve avere lo stesso trattamento, non deve essere riqualificato in Casa della Comunità ma deve essere inserito nella Rete ospedaliera regionale come ospedale di zona montana che, per le peculiarità del territorio, deve assicurare prioritariamente l’emergenza urgenza con postazione del 118 (possibilmente con 2 ambulanze) e un efficiente Pronto Soccorso, supportato da un servizio di anestesia e rianimazione il cui scopo principale è quello di salvare vite umane”. Sul resto delle prestazioni da erogare “c’era già stata una programmazione che aveva individuato i servizi ed i reparti per i quali, erano in fase di appalto i lavori di ristrutturazione dei locali che dovevano accogliere la Fisioterapia e Riabilitazione, e la Lungodegenza, dovevano rimanere altresì la Medicina Generale, il day surgery di Chirurgia, la Dialisi, Laboratorio Analisi, Radiologia per la quale, con i fondi del Pnrr, è già stato stabilito di sostituire la vecchia Tac con un’altra di nuova generazione”. Il tutto, secondo Schiavello, “non avrebbe senso se non si implementano gli organici con nuovo personale medico ed infermieristico”. Schiavello chiede di dedicare meno tempo alle “schermaglie fra le varie fazioni nell’attribuzione delle responsabilità” e di “lottare in modo unitario e sinergico perché la sanità non ha colore politico ma riguarda ognuno di noi”.