
Sulla scorta di quanto raccontato dai parenti di Rocco Gioffrè, l’uomo di 76 anni assassinato da Tiziana Mirabelli a Cosenza, i due intrattenevano un rapporto sentimentale. La donna, 47 anni, dopo avergli tolto la vita servendosi di un coltello con cui si sarebbe accanita colpendolo all’addome ed al petto, si sarebbe preoccupata di occultare il corpo per qualche giorno. Infine la decisione di costituirsi ai Carabinieri. La stessa famiglia del pensionato, la cui moglie era deceduta nello scorso mese di settembre, ha anche aggiunto che sono stati sottratti dalla cassaforte dell’abitazione dell’anziano soldi ed oggetti.
Dunque una versione contraria rispetto a ciò che Mirabelli aveva riferito ai militari dell’Arma parlando di essere stata costretta a ferirlo mortalmente perché Gioffrè stava per violentarla sessualmente utilizzando il coltello che lei ha poi impugnato per ucciderlo. Francesco Gelsomino, l’avvocato che difende i familiari dell’uomo, ha osservato che Gioffrè aiutava economicamente la 47enne proprio per il legame che li univa: “Le pagava le bollette e spesso i due erano stati visti insieme. I figli hanno visto l’ultima volta Gioffrè lunedì scorso, ma nei giorni passati avevano ricevuto messaggi sui loro cellulari dal telefono del padre che cercava di tranquillizzarli e li avvertiva di non chiamare i Carabinieri. Evento inusuale perché Gioffrè non scriveva mai messaggi, ma telefonava direttamente”. Nell’interpretazione degli inquirenti, le comunicazioni sarebbero state mantenute dalla sospetta assassina che già si era resa autrice del delitto. Non è stato tuttora possibile circostanziare la data del decesso che, a detta di Tiziana Mirabelli, sarebbe stato commesso mercoledì della scorsa settimana. Sarà l’esito dell’esame autoptico disposto dal sostituto procuratore della Procura della Repubblica cosentina ad offrire spunti decisivi.