O belli ciao

Se non fosse stato per la pandemia (che ha ritardato il voto e procurato gravissime amnesie ad una parte dell’elettorato) e per il centrodestra reggino nella sua orgogliosa unità, già da tempo staremmo parlando al passato di Giuseppe Falcomatà e del suo codazzo senza qualità. Le due calamità, invece, hanno fatto sì che la chiusura della parentesi più orrida della storia politica reggina fosse spinta appena più in là. Il primo segnale era arrivato, paradossalmente, proprio lo scorso anno in coincidenza della riconferma del mandato: nella circostanza l’Amministrazione di centrosinistra, pur riemergendo vincente dal pantano elettorale, si era ritrovata con decine di migliaia di voti in meno rispetto al 2014. Un dato di cui, per manifesta inferiorità politica e per arroganza congenita, sindaco e “compagni” di merendine non hanno saputo far tesoro riuscendo a peggiorare un rendimento che da scadente è diventato repellente.

E così, tutti a fare il trenino: nullafacenti dal percorso scolastico accidentato e pensionati in guerra con la lingua italiana sistemati in Giunta, avvocaticchi sconosciuti alle aule di Giustizia e teatranti rionali piazzati in ruoli strategici nell’organigramma della Città Metropolitana. Un combinato disposto che si riflette nel flagello quotidiano che ha reso Reggio Calabria un posto malsano in cui sopravvivere è un’estrema esperienza di vita ben oltre i confini della realtà. Ed infatti il secondo segnale, squillante e rimbombante, è risuonato aprendo le urne allestite per le Regionali. Il falcomatismo, propostosi baldanzoso per interposto Giovanni Muraca, è rimasto a bocca asciutta, con le pive nel sacco e, soprattutto, con un carniere di preferenze vuoto rispetto alla potenza di fuoco dispiegata nel corso della battuta di caccia al consenso. Due eserciti, quello di Palazzo San Giorgio e quello di Palazzo Alvaro, totalmente chini ai voleri del sovrano, si sono rivelati altrettanti sgangherati mucchi di nullità che, pur beneficiando del supporto fornito dalle clientele di lacchè spregiudicati di cui beneficiano, hanno prodotto una miseria di voti pari alla metà di quelli raccolti da Nicola Irto che ha goduto del poco discreto lavoro nell’ombra di Sebi Romeo. Di conseguenza i fili delle truppe di burattini si sono spezzati con tanti saluti al sogno di mettere piede a Palazzo Campanella, con tutto ciò che ne deriva in termini di potere, presente e futuro all’interno del Partito Democratico. Dalle parti del Nazareno, a Roma, è auspicabile che finalmente smettano di girarsi dall’altra parte e prendano coscienza dei danni irreparabili inflitti al medesimo PD da una banda di giovinastri senza scrupoli ed anziani grossolani. La sostanza politica è che se non è capace di farlo il centrodestra, a far fuori il falcomatismo provvede il fuoco amico: storicamente il nemico più pericoloso per truppe male armate e peggio guidate.

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