
Da settimane in molti ripetono il mantra “La Reggina ai reggini” che, così pronunciato, senza ulteriori precisazioni, non vuol dire assolutamente nulla.
E’ solo una frase traboccante retorica che allontana dal pragmatismo, in questo momento storico il solo faro a dover illuminare il cammino del club potenzialmente in gestazione e della tifoseria. Reggino non è, per forza di cose, un requisito indicativo della bontà di un’operazione economico-sportiva che, come insegnano le ultime, e le penultime e, magari anche le terz’ultime, vicissitudini, deve poggiare su fondamenta impastate in serietà, autorevolezza e consolidata forza finanziaria. Regginità, poi, cosa vorrebbe dire? Perché mai dovrebbe essere, di per sé, garanzia di coscienziosità? Reggino è anche Giuseppe Falcomatà, reggino è anche Marcello Cardona, due personaggi esemplari come pochi, quanto a modestia dei loro servigi, ma l’elenco, tra Palazzo San Giorgio e Centro Sportivo Sant’Agata, come noto, potrebbe essere di una lunghezza noiosa assai. Oltre tutto, non pare che i reggini, anche fra coloro i quali si limitano ad osservare dall’esterno, abbiano brillato per intuito e perspicacia. Sì, mettiamoci pure dentro la passione per i colori amaranto, però questa non è una circostanza attenuante che possa, da sola, giustificare, quanto meno, una sospensione del giudizio o un senso critico in modica quantità, giusto per non farsi infinocchiare da chiunque, ove per chiunque s’intende davvero chiunque. No, avviene esattamente il contrario: (quasi) tutti pronti a concedere le vesti di Superman all’ultimo degli sconosciuti, all’ultimo dei cinici disonesti (magari anch’egli figlio naturale o, sedicente, adottivo di questa terra). Se si parla di Reggina, in particolare, circoscrivendo l’attenzione solo agli otto anni intercorsi tra il 2015 ed il 2023, la patente facile di “eroe” è stata regalata con talmente tanta disinvoltura che gli studiosi della mitologia greca sono stati costretti a dirottare i loro sforzi intellettuali sulle vite e le opere dei prodi, autoctoni o “stranieri”, innalzati sulla nuvola dell’epica dal popolo adorante ed incensante. E non è detto che sia stato scritto il capitolo finale della saga: altri sono già i furbi protagonisti in attesa di salire sul palcoscenico indossando le vesti di “valorosi condottieri” da seguire senza indugi e con il coraggio ottuso della fede. Potrebbe non essere stato ancora raggiunto il fondo, sebbene appaia difficile da credere mentre ci si avventura, in stato di incoscienza, tra le buie parabole segnate dal baratro. Un territorio ostile nel quale muoversi con circospezione, soprattutto se a tenere la torcia in mano per andare alla ricerca di un luogo sicuro è il facente FINZIONI Brunetti Paolo che avrà la prossima settimana l’onere di scegliere tra le diverse proposte imprenditoriali (o pseudo tali) che arriveranno alla sede del Comune per gestire la società calcistica rappresentativa della città ripartendo dalla Serie D. Una città a cui è stata inflitta, anche in questa circostanza con consapevole masochismo mischiato ad imperdonabile ingenuità, l’ulteriore mortificazione di parole provenienti da un tal Cardona Marcello per cui non rileva sprecare un solo concetto. Resterà, infatti, sempre offuscato dai fumi del mistero come abbia contribuito alla causa in un anno. Ha presenziato ad un incontro, per equivoco confuso con una conferenza stampa, che non ha aggiunto una sola oncia di informazioni in più a quelle di cui erano già in possesso dei reggini. Un incontro che forse nelle intenzioni del confusionario organizzatore voleva essere una sorta di ribalta da utilizzare per una goffa arringa difensiva, ma l’esito scaturitone è stato un altro: da “Sua Trasparenza e Legalità” a “Sua Inutilità” il passo è breve, anzi non è servito nemmeno farlo.