Non abbiamo bisogno della Cassazione: quello che conta è il verdetto (quotidiano) della città

Nel corso di queste ore, sono in tanti a Reggio Calabria, tra gli addetti ai lavori orecchianti la politica a volgere idealmente lo sguardo, provando a scrutare cosa succede nelle maestose stanze del Palazzaccio, come viene soprannominato il sontuoso edificio sede della Corte di Cassazione. E’ il classico errore di prospettiva, e di metodo, nel quale si incappa quando la debolezza strutturale rende necessario irrobustire la propria visione del mondo (capita raramente che dalle parti di Piazza Italia ne alberghi una) infilandosi sotto le toghe dei magistrati, alla ricerca di una protezione ed una autorevolezza altrimenti impossibili da ottenere con le proprie (in)azioni. La storia è vecchia e la ricerca ossessiva dell’abbattimento del nemico per via giudiziaria ha fatto strada, godendo di scorciatoie inaccessibili ai semplici cittadini.

Deve essere forse una sezione della Suprema Corte ad informarci che la città da otto anni e mezzo è ostaggio di figure insignificanti che, percorrendo i corridoi di Palazzo San Giorgio e Palazzo Alvaro, hanno trovato uno status che fuori da quelle mura non sarebbero stati nemmeno capaci di sognare o, persino, di immaginare neppure in preda ai fumi dell’alcool? Ovviamente no, per avere le idee chiarissime in merito è sufficiente aprire gli occhi al mattino e girare per le strade reggine, da nord a sud, dal mare alla collina: una condizione nauseabonda di degrado a cui possono rimanere insensibili, per manifesta inferiorità di sensibilità politica e capacità amministrativa, solo gli inquilini dei due edifici dirimpettai. Chi se ne sbatte se il ricorso di Falcomatà, condannato nel merito in primo grado ed in Appello per il processo “Miramare”, è ammissibile? Chi se ne sbatte di prescrizioni e tempi della giustizia che altro è (o dovrebbe essere) rispetto alle esigenze della comunità reggina? Anche perché, se ad imprimere il ritmo fossero questioni riguardanti toghe e cavilli giuridici, basterebbe ricordare gli altri guai che riguardano lo stesso Falcomatà in relazione alla mancata costituzione di parte civile da parte del Comune nel famigerato dibattimento o l’angoscioso scandalo dei brogli in occasione delle elezioni 2020 o le denunce, su atti e fatti, presentate negli anni da attivisti politici e rimaste senza conseguenze. Le valutazioni, quindi, devono prescindere dal merito di una vicenda processuale o, davvero, qualcuno, tra gli abitanti di questo pianeta a parte chiamato Reggio Calabria, immagina siano sopportabili altri tre anni di amministrazione di qualità così modesta? Impossibile anche solo azzardare una teoria del genere. Dalla considerazione, oggettivamente incontrovertibile, che questa maggioranza, come sostiene a parole, quasi fosse un mantra, un esponente della minoranza (Massimo Ripepi) dell’aula Pietro Battaglia, è la “più scarsa della storia”, diventa incomprensibile come a questo tsunami di delegittimazione popolare possano sottrarsi i consiglieri deputati a fare opposizione all’amministrazione “più scarsa della storia” e mai, finora, rivelatisi concretamente all’altezza del compito di fungere da spine nel fianco di un drappello di spregiudicati cercatori di fortuna tra i Palazzi istituzionali.

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