
Il rapporto semestrale della Dia relativo al periodo gennaio-giugno 2020 svela le connessioni della criminalità con altri ambienti e descrive le sue ramificazioni nel settore commerciale. Di seguito, proponiamo il rapporto integrale relativo alla provincia di Vibo Valentia:
Il vibonese è da sempre territorio di riferimento delle cosche che ruotano intorno alla nefasta operatività della famiglia MANCUSO di Limbadi, solidamente alleata con omologhe strutture mafiose del reggino e, in particolare, della Piana di Gioia Tauro.
La recente, complessa inchiesta “Rinascita-Scott” del dicembre 2019, ampiamente analizzata della precedente pubblicazione della Relazione, ha delineato e attualizzato lo scacchiere ‘ndranghetista vibonese, dimostrandone l’unitarietà, in Calabria come in ambito nazionale e internazionale, e come l’organizzazione si regga su regole formali e livelli gerarchici e funzionali propri del cd. Crimine di Polsi.
Peraltro, e secondo il cliché sempre più ricorrente che vede taluni professionisti fortemente attratti dai vantaggi offerti dalle consorterie, l’indagine ha fatto luce sul contributo reso da un noto avvocato penalista, nonché esponente politico, divenuto valido punto di riferimento della criminalità mafiosa. Egli, infatti, grazie al suo rilevante patrimonio di conoscenze e di rapporti privilegiati con esponenti di primo piano del panorama politico istituzionale, imprenditoriale e delle professioni, aveva instaurato con le cosche MANCUSO e RAZIONALE-FIARÈ-GASPARRO uno stabile rapporto. Il legale è stato descritto in atti come “un Giano bifronte”, accreditato nei circuiti della massoneria deviata e in grado di far relazionare la ‘ndrangheta con società straniere, università, circuiti bancari e con le Istituzioni in generale, “fungendo da passe-partout dei Mancuso, per il ruolo politico rivestito, per la sua fama professionale e di uomo stimato nelle relazioni sociali”. Un vero e proprio “uomo cerniera”, che “avrebbe messo sistematicamente a disposizione dei criminali il proprio rilevante patrimonio di conoscenze e di rapporti privilegiati con esponenti di primo piano a livello politico-istituzionale, del mondo imprenditoriale e delle professioni, anche per acquisire informazioni coperte dal segreto d’ufficio e per garantirne lo sviluppo nel settore imprenditoriale”. Del resto, la relazione tra gli esponenti criminali e l’avvocato ha permesso alle cosche di sfruttare le sue conoscenze con importanti esponenti delle Istituzioni e/o della pubblica amministrazione, di acquisire notizie riservate nell’interesse del sodalizio e di consentire alle consorterie d’infiltrarsi, con decisiva voce in capitolo, in importanti affari e in iniziative imprenditoriali quali speculazioni immobiliari nel ramo turisticoalberghiero, anche mediando con altri imprenditori e operatori economici in ragione delle pretese estorsive della cosca MANCUSO.
A tal proposito, di non poca importanza sono risultate le dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia, tra i quali, un esponente di vertice della famiglia MANCUSO “…la cui attendibilità è stata consacrata in sentenze (quali “Gringia”, “Conquista”, “Nemea” e molte altre…) che hanno dato un apporto decisivo sull’ impianto accusatorio dell’indagine…”.
L’inchiesta “Rinascita Scott” ha quindi e ancora una volta confermato la centralità della cosca MANCUSO, anche nella sua capacità di intessere relazioni con altre matrici mafiose: “… Oltre al ruolo di polo di riferimento dell’ampia rete delle strutture ‘ndranghetiste vibonesi – scrivono i magistrati – è chiaramente emersa anche la sua rilevanza a livello extra provinciale, dimostrata sia dagli attuali e strutturati rapporti finalizzati al mutuo soccorso ed allo scambio di favori criminali instaurati, tra gli altri, con i DE STEFANO di Reggio Calabria e i PIROMALLI di Gioia Tauro, sia dai rapporti intrattenuti con esponenti di Cosa Nostra, databili all’epoca pre-stragista”.
Un’ulteriore tranche della complessa inchiesta è stata eseguita dai Carabinieri il 18 giugno 2020, nel territorio nazionale, a carico di n. 18 soggetti affiliati a strutturate cosche vibonesi operative sempre sotto l’egida dei MANCUSO, colpiti da una misura cautelare poiché ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, nonché di produzione, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti. L’inchiesta ha fatto luce su un vasto traffico internazionale di sostanze stupefacenti (cocaina, marijuana, hashish), sull’asse Brasile-Albania- Italia e gestito da locali di ‘ndrangheta vibonesi, che agivano come un vero e proprio cartello in collaborazione con trafficanti albanesi dimoranti in Toscana (province di Firenze e Pistoia) anch’essi raggiunti dall’ordinanza cautelare.
Le segnalate relazioni tra i MANCUSO e le cosche della Piana – così come emerso dall’inchiesta “Rinascita-Scott” trovano un’ulteriore conferma nell’attività di contrasto rivolta all’aggressione ai patrimoni illeciti. Come già ricordato nella sezione dedicata al mandamento tirrenico, il 12 marzo 2020 nelle province di Vibo Valentia, Reggio Calabria e Roma, la Guardia di finanza ha eseguito un decreto di confisca di beni del valore stimato in oltre 34 milioni di euro nei confronti di un imprenditore edile vibonese ritenuto contiguo alle cosche PIROMALLI e MANCUSO. Lo svelato rapporto sinallagmatico con le cosche di riferimento, risalente ai primi anni Ottanta, avrebbe sostenuto l’ascesa dell’imprenditore e favorito, contestualmente, gli interessi dei sodalizi mafiosi rafforzandone le capacità operative e di controllo del territorio.
Tra le cosche censite nel corso dell’inchiesta, oltre ai MANCUSO del locale di Limbadi, figurano i LA ROSA di Tropea, i FIARÈ-RAZIONALE-GASPARRO di San Gregorio d’Ippona, i LO BIANCO-BARBA e i CAMILLÒ-PARDEA del locale di Vibo Valentia città, gli ACCORINTI del locale di Zungri, i PISCOPISANI del locale di Piscopio, i BONAVOTA del locale di Sant’Onofrio, i CRACOLICI tra le ‘ndrine di Filogaso e Maierato, i SORIANO di Filandari, Ionadi e San Costantino, i PITITTO-PROSTAMO-IANNELLO della società di Mileto, i PATANIA del locale di Stefanaconi ed altri gruppi-‘ndrine collegati.
Nel dettaglio, oltre ai LO BIANCO nel capoluogo, sono attivi nel suo litorale i MANTINO- TRIPODI, con proiezioni anche fuori regione.
Nell’adiacente hinterland del capoluogo di provincia è tuttora attivo il locale di Piscopio, risultato da recenti indagini (operazione “Rimpiazzo” dell’aprile 2019) in contrapposizione con i MANCUSO e colpito, nel semestre, sul versante patrimoniale. Il 5 febbraio 2020 la Polizia di Stato ha eseguito un decreto di sequestro preventivo nei confronti di alcuni esponenti dei PISCOPISANI, già destinatari di una misura cautelare in carcere proprio nell’ambito della citata operazione “Rimpiazzo”, dovendo rispondere, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, concorso esterno in associazione mafiosa, estorsione, danneggiamento, favoreggiamento, reati in materia di armi e di droga, tutti aggravati dal metodo mafioso. Il valore dei beni sequestrati è stimato in circa n. 2,5 milioni di euro, così come descritto nel capitolo riguardante la Regione Emilia Romagna. Peraltro e secondo quanto emerso, il locale vibonese, con base operativa a Bologna, avrebbe rifornito di cocaina anche talune piazze di spaccio siciliane.
Sempre in seno all’inchiesta “Rimpiazzo”, il 23 aprile 2020 la Polizia di Stato ha tratto in arresto un personaggio di spicco della cosca PISCOPISANI indagato, unitamente ad altri, per associazione di tipo mafioso e associazione finalizzata al narcotraffico.
Nei territori compresi tra Maierato, Stefanaconi e Sant’Onofrio, persistono le famiglie dei PETROLO, dei PATANIA e dei BONAVOTA.
Nell’area di Serra San Bruno si registra l’egemonia dei VALLELONGA-Viperari, mentre nei comuni di Soriano e Sorianello risulta operativo il clan LOIELO. Al riguardo, il 30 gennaio 2020 la Polizia di Stato ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, nei confronti di n. 2 pluripregiudicati, già sottoposti agli arresti domiciliari, ritenuti responsabili di tentato omicidio, detenzione e porto di armi clandestine, ricettazione e possesso di documento di riconoscimento falso, reati tutti aggravati dal metodo mafioso. Le indagini hanno accertato come i due indagati, avessero pianificato un omicidio nell’ambito dell’antica faida tra le famiglie EMANUELE e LOIELO, nel territorio delle cd. Preserre vibonesi. L’evento tuttavia non si era concretizzato grazie all’intervento del personale della Polizia di Stato che, nell’ ottobre 2019, aveva eseguito una perquisizione domiciliare a carico dei predetti arrestandoli in flagranza per il possesso di un’arma clandestina oltre che di un giubbotto antiproiettile, di un passamontagna e di un’autovettura blindata con sirena bitonale.
Nell’area di Mileto sono presenti i PITITTO-PROSTAMO-IANNELLO, mentre a San Gregorio d’Ippona le famiglie dei FIARÈ-RAZIONALE. Il 5 maggio 2020, a Francica (VV), i Carabinieri di Vibo Valentia hanno arrestato un elemento di spicco della cosca RAZIONALE- FIARÈ-GASPARRO, sfuggito alla cattura, il 19 dicembre 2019, in occasione dell’esecuzione dell’operazione “Rinascita-Scott”, indagato per associazione di tipo mafioso ed estorsione. Nella zona di Zungri e Briatico si registra l’operatività degli ACCORINTI, a Tropea sono presenti i LA ROSA, mentre nei comuni di Pizzo Calabro e Francavilla Angitola opera la famiglia FIUMARA (tutte consorterie satellite dei MANCUSO).
In tale quadro territoriale, è stato sciolto con DPR del 28 febbraio 2020 il Consiglio Comunale di Pizzo Calabro, su proposta del Ministro dell’Interno, “…Considerato che, dall’esito di approfonditi accertamenti, sono emerse forme di ingerenza della criminalità organizzata che hanno esposto l’amministrazione a pressanti condizionamenti, compromettendo il buon andamento e l’imparzialità dell’attività comunale…”.
A Filadelfia sono attivi gli ANELLO-FRUCI, coinvolti il 21 luglio 2020 da una vasta operazione internazionale denominata “Imponimento”, condotta dalla Guardia di finanza in Italia e in Svizzera (con il contributo di quelle Autorità elvetiche), che sarà approfondita nella prossima pubblicazione. Complessivamente, n. 75 affiliati alla cosca di Filadelfia dovranno rispondere di associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata alla produzione e al traffico di sostanze stupefacenti più altri numerosi delitti. L’attività investigativa ha consentito di delineare il contesto nel quale l’associazione, nel suo complesso, si avvaleva della forza d’intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà, allo scopo di commettere delitti, acquisire direttamente e indirettamente la gestione e/o il controllo di attività economiche in particolare nel settore turistico/immobiliare.
In ultimo, è doveroso ricordare il frequente rinvenimento di armi nel vibonese, sintomatico dell’effervescenza delle compagini mafiose della provincia.