Un disegno volto al controllo del territorio e, talvolta, al condizionamento politico-amministrativo. È il progetto che della ‘ndrangheta del Catanzarese svelato nella seconda relazione semestrale presentata dal ministro dell’Interno al Parlamento e concernente le attività svolte ed i risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia. Di seguito, riportiamo il paragrafo relativo proprio al Catanzarese:
La mappa della criminalità organizzata presente sul territorio della provincia catanzarese non risulta aver subito significativi mutamenti rispetto al passato. Permane, infatti, nell’area, l’influenza del clan Grande Aracri, di cui sono noti gli interessi protesi alla realizzazione di una “struttura” in cui far confluire tutte le ‘ndrine dei territori limitrofi a quelli di Cutro, oltre a quelli operanti nel capoluogo di regione. Si tratta di una strategia di azione già segnalata dalla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, che registra: “numerosi segnali di una sostanziale pariteticità con le cosche reggine, almeno per quanto attiene alle più importanti organizzazioni del Crotonese, tra le quali, come affermato nella precedente relazione, spicca quella di Cutro facente capo a Nicolino Grande Aracri, il quale – non a caso – avrebbe voluto realizzare, prima del suo arresto, una struttura paritetica alla provincia reggina, chiamando alla partecipazione tutti gli esponenti dei territori ricompresi nel distretto, con eccezione del solo circondario di Vibo Valentia, lasciato – viceversa – alla competenza criminale di Reggio Calabria. Un disegno, del quale hanno espressamente riferito alcuni collaboratori di giustizia, ma che, almeno allo stato, sembra aver perduto slancio, proprio per la detenzione, frattanto intervenuta, dello stesso Nicolino Grande Aracri al regime differenziato stabilito dall’art. 41 bis O.P.”. Nel solco di queste evidenze, prima l’operazione “Aemilia” e, da ultimo, nel mese di novembre 2016, l’operazione “Borderland” della Polizia di Stato, hanno ulteriormente confermato le descritte mire di egemonia della cosca cutrese. Con quest’ultima operazione – culminata con l’arresto di 48 soggetti della famiglia Trapasso di San Leonardo di Cutro e di quella alleata dei Tropea-Talarico di Cropani – sono state infatti confermate le significative proiezioni nel nord Italia, con specifico riferimento all’Emilia Romagna, nonché il condizionamento dell’attività del Comune di Cropani e del relativo voto amministrativo del maggio 2014: condizionamento finalizzato all’aggiudicazione di appalti e servizi pubblici. Continuando in questa panoramica geo-criminale, nel Capoluogo di regione viene segnalata l’operatività del clan dei “Gaglianesi” e degli zingari di etnia rom stanziali. Un’attenzione particolare merita il comprensorio di Lamezia Terme, scenario, nel corso del semestre, di una serie di fatti di cronaca giudiziaria, la cui portata non può essere trascurata nell’ottica di una compiuta analisi delle dinamiche criminali che caratterizzano l’area. Lamezia Terme può essere convenzionalmente ripartita in tre distinte zone, rispettivamente appannaggio criminale dei gruppi Iannazzo, Torcasio-Cerra–Gualtieri e Giampà, cui si affiancano formazioni minori. In tale contesto e con riferimento proprio alle propaggini imprenditoriali della cosca Giampà, si richiamano le due confische eseguite nel semestre dalla D.I.A. di Catanzaro a seguito dell’operazione “Piana”. La prima, del mese di agosto, ha riguardato 3 beni immobili, un’azienda e molteplici beni per disponibilità finanziarie, per un valore di circa un milione di euro, nella disponibilità di un imprenditore di riferimento della consorteria lametina; la seconda, eseguita a dicembre per un valore complessivo di oltre 2 milioni di euro, ha interessato le quote sociali e il compendio aziendale di due ditte edili aventi sede in Lamezia Terme, nonché diversi beni mobili e mezzi industriali, in passato utilizzati nell’esecuzione di importanti appalti ottenuti grazie all’interessamento della cosca. La ‘ndrangheta lametina vanta, da sempre, rapporti con le varie articolazioni della famiglia Mancuso di Limbadi. Nel caso dei Cerra-Torcasio-Gualtieri, i rapporti intercorrono anche con le ‘ndrine di San Luca e con soggetti di origine albanese, strumentali all’approvvigionamento di stupefacenti. Nel comprensorio della Piana Lametina permane una condizione di sostanziale stabilità e scarsa conflittualità tra le diverse compagini criminali, anche in ragione della pressante attenzione investigativa che, nel tempo e grazie a preziose collaborazioni, ha inciso efficacemente sugli assetti mafiosi, frenandone le mire espansionistiche. Altra area di notevole interesse, in quanto fortemente condizionata dalla presenza di organizzazioni criminali di rilevante spessore, è quella del Basso Jonio soveratese, dove persiste, quasi incontrastata, la “locale” che fa capo alla famiglia Gallace di Guardavalle, alleata con le cosche reggine Ruga-Metastasio e Leuzzi, gruppo che ha esteso la propria influenza sul restante territorio soveratese. Un condizionamento, anche economico, su cui hanno fatto luce le investigazioni concluse nel mese di novembre dalla Guardia di Finanza, con il sequestro dell’ingente patrimonio, del valore di oltre 25 milioni di euro, nella disponibilità di un imprenditore collegato al gruppo Gallace-Gallelli-Saraco, operante tra Guardavalle e Badolato. I beni sequestrati comprendono un noto villaggio turistico di Badolato, decine di immobili, tra cui una lussuosa villa, un campo sportivo, diciotto terreni e quote di società con sede a Roma, Cosenza e Satriano. Proseguendo nella descrizione, nel territorio delle Preserre, con riferimento ai comuni di Chiaravalle e Torre di Ruggiero, risultano attive le famiglie Iozzo-Chiefari; i comuni jonici di Borgia e Roccelletta di Borgia ricadono nell’area d’influenza delle famiglie Catarisano-Abbruzzo-Gualtieri-Cossari, mentre nella zona di Vallefiorita e aree limitrofe si registra l’operatività della cosca denominata Tolone-Catroppa. Infine, a nord di Catanzaro, nella zona cosiddetta della Presila, sono operative le famiglie Pane-Iazzolini e Carpino-Scumaci.
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