
Lo spirito non è quello di chi vuole tornare a fare politica, perché le vicende segnano e insegnano. L’intenzione, invece, è di “far conoscere una storia” da parte di un uomo consapevole che “in carcere la vita è sospesa” e “ogni minuto fuori è un minuto di vita in più”.
La presentazione del libro “Io sono libero” di Giuseppe Scopelliti a Nardodipace introduce elementi nel dibattito che altrimenti sarebbero rimasti marginali, forse perché la platea di persone interessate non è così vasta. Ma ogni persona merita di vivere la sua vita e qualunque sia la percentuale di errori che determina l’ingiusta privazione della libertà “è sempre troppo alta”.
Il dibattito, moderato dal direttore de “Il Meridio” Biagio La Rizza, è stato aperto dal sindaco Romano Loielo che, senza mezzi termini, ha parlato di “disegno per colpite gli uomini di centrodestra”. Nella vicenda del già presidente della Regione Calabria Loielo si è rivisto e ha sentito l’esigenza di ricordare “gli errori nelle relazioni sugli scioglimenti dei Consigli comunali” sostenendo, in particolare, che “una persona perbene come Scopelliti è stata tolta di mezzo con interferenze e metodi impropri” perché “ha avuto il coraggio di portare avanti le proprie idee”. Il primo cittadino ha rimarcato che “adesso rivesto la carica che mi era stata estirpata”, ma ha anche additato la debolezza della politica: “oggi – ha asserito – c’è un vuoto assoluto in Calabria e i rappresentanti in Parlamento non hanno né ideali, né idee, né linea”.
Dopo il saluto del presidente del Consiglio comunale Piero Tassone, il docente dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria Giuseppe Bombino ha insistito sul concetto di “trama oscura che è stata svelata” e che ha portato a “colpire un uomo con un metodo non convenzionale”. “Noi lo sapevano – è stata la sua provocazione – ma la vittoria giorno dopo giorno sta restituendo dignità e onorabilità. Scopelliti da uomo di sport sa che la sconfitta non è per sempre e che essa può insegnare per il dopo”. La sua analisi non ha dimenticato simboli (“Peppe entra nel carcere che egli stesso ha inaugurato”) e paradossi (“il presidente che assolve l’Amministrazione di Messina era il Pm che si occupava del caso dì Scopelliti”) ed ha toccato il tema della lotta alla ‘ndrangheta, le cui “principali famiglie sono state buttate fuori di casa da Scopelliti”. A suo avviso, “tanti sono i punti che non tornano e che fanno pensare che prima del processo qualcosa stesse accadendo”.
Scopelliti è apparso sereno, ha abbracciato con spontaneità amici che non vedeva da anni, ha espresso con lucidità sentimenti ed emozioni, con l’inevitabile influenza di un’esperienza che lo ha comunque segnato. Non ha dimenticato volti e caratteri, ha mostrato tranquillità nell’esporre i suoi pensieri soprattuto quando ha rilevato che “l’Italia è un Paese in cui c’è una democrazia incompiuta”. Da “spettatore” ha detto che “la politica deve avere gli anticorpi per costruire una nuova stagione, deve riequilibrare i poteri dello Stato” perché “senza riforme questo Paese non ha futuro”. Diversi i passaggi riservati alle carceri: “gli educatori sono pochi, non si lavora sul reinserimento e invece tanti giovani vanno recuperati alla vita della comunità”. Inevitabile un riferimento al suo percorso politico-amministrativo e a ciò che lo ha interrotto: “è triste dover registrare di aver subito una condanna rispetto alla quale si è l’unico esempio. Una condanna politica, fortemente voluta. Io – ha concluso – non ho mai avuto un interesse particolare da coltivare, ho sempre pensato al bene comune”.