Migranti, Sculco: “Trasformare il problema in occasione di sviluppo”

“Con l’emergenza immigrati occorrerà fare i conti per almeno un decennio e forse più. Ma la freddezza dell’Europa, rispetto alle più che legittime richieste dell’Italia di condivisione dei processi di accoglienza e integrazione, è quanto di peggio ci si possa attendere”. Flora Sculco, consigliera regionale di Calabria in Rete, è del parere che “l’ostilità di molti paesi europei a far squadra, per dare un senso storico all’epocale traversata di migranti, non generata da un destino cinico o da volontà diaboliche, ma da politiche economiche che da almeno un ventennio si stanno rivelando non più in grado di contemperare i vari interessi in corso, produce, nel contempo, almeno due effetti negativi”. Spiega Sculco: “Purtroppo, per come si sta prospettando il dibattito, sembra che si voglia deliberatamente evitare di affrontare un tema che è il simbolo più eloquente di un modello di sviluppo occidentale per più versi sbagliato, come ricorda spesso Papa Francesco quando addirittura si sofferma sulla rapina delle risorse ambientali dei paesi poveri da parte di quelli ricchi. Un modello che genera sviluppo e sottoviluppo e che andrebbe urgentemente rivisto, in quanto dopo avere prodotto in Africa e Asia diseguaglianze drammatiche e povertà sta, nella sua declinazione finanziaria e globale, generando scontento e profonde inquietudini nelle stesse società occidentali e nelle loro aree più svantaggiate come il Mezzogiorno italiano. L’altro effetto negativo – aggiunge la consigliera regionale – prodotto dalla testardaggine dell’Europa di non sostenere gli sforzi italiani nell’accoglienza dei migranti, impedisce, in cui frangente mondiale in cui ci sarebbe bisogno di un’Europa propositiva e in grado di orientare le dinamiche geopolitiche internazionali, di rinvigorire, acuendo le divisioni piuttosto che superarle, potenziare e rilanciare l’Europa come sistema politico equilibrato e in grado di garantire ai popoli pace, sicurezza e prosperità”. Conclude Sculco: “Sostengo anch’io da tempo, come altri colleghi, dell’urgenza che la questione migranti sia oggetto di discussione da parte del Consiglio regionale. Perché, comunque la si pensi, il peso sopportato, specie nell’ultimo anno, da regioni come la nostra nell’accoglienza sta diventando giorno dopo giorno insostenibile e intollerabile. L’aumento esponenziale degli sbarchi di migranti sulle nostre coste rischia di far saltare le capacità di accoglienza delle strutture preposte e di far prevalere la paura e la diffidenza, piuttosto che la consapevolezza di quanto tragica sia la vita per milioni di persone e la solidarietà che è uno degli architrave della cultura occidentale. Si dovrebbe con priorità assoluta tentare, come ha spiegato il Censis con un’indagine forse poco conosciuta commissionata dall’associazione ex consiglieri regionali della Calabria, trasformare i flussi dal Mediterraneo in piattaforme di relazionalità, ossia fare sviluppo e crescita, come d’altronde dimostrano alcune esperienze d’integrazione di successo. E iniziare a rispondere, con politiche che vedano la Regione parte attiva e protagonista del processo in atto, alla domanda se è ancora possibile scommettere sulla capacità del Mezzogiorno e della Calabria di integrarsi e di far fronte comune con gli altri Paesi del Mediterraneo in una logica di riequilibrio e di multipolarità degli assi verso l’Oriente e verso il Sud del mondo. L’assunto del Censis, che a mio avviso vale la pena porre al centro del dibattito, anche per evitare che un tema così complesso e di difficile soluzione finisca con lo scatenare polemiche politiche fuorvianti e inconcludenti, è che le opportunità che offre il Mediterraneo non si sono esaurite e perché anche i nuovi arrivi (specie in Calabria) possono trasformarsi da problemi in volani di crescita per il nostro Paese. Certo, tutto ciò, dinanzi agli sbarchi in esponenziale aumento e alle difficoltà di agire nei paesi da cui si fugge per ricreare lì condizioni di vivibilità, sembra quasi una provocazione. Ma compito della politica oggi più che mai, se non vuole rassegnarsi a subire perdendo vigore e persino senso, è di rendere possibile ciò che appare impossibile”.

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