L’EDITORIALE / Le regole, l’educazione ed i calci al pallone: è sliding doors con l’ordinanza di Tassone

Comunque la si veda, non si può ignorare un fatto: l’ordinanza del sindaco di Serra San Bruno, Luigi Tassone, che dispone il divieto di giocare a pallone in piazza Municipio, in piazza Azaria Tedeschi ed in piazza monsignor Barillari crea un precedente. Stabilisce una regola scritta ed indica chiaramente che un comportamento, in determinati luoghi (a proposito, molti si chiedono perché nell’elenco non sia stata inserita piazza San Giovanni), non è permesso e che, pertanto, le violazioni non saranno tollerate nemmeno se poste in essere da minori. Questioni di decoro e di rispetto che, al di là dei pretesti scaturenti dai più svariati motivi, non possono essere né banalizzate né aggirate. Perché ad un certo punto e dopo i richiami per le vie brevi bisogna mettere ordine e da qualche parte si deve pur cominciare. Il punto semmai è continuare sulla stessa linea con temi anche dalla rilevanza maggiore. E per farlo serve essere credibili: l’ordinanza, una volta pubblicata, deve essere fatta rispettare. Le sanzioni previste, nei casi delle violazioni, dovranno essere realmente applicate, altrimenti la stessa dignità istituzionale che si vuole difendere sarà calpestata una volta di più. Il ragionamento, che può sembrare brutale, poggia sull’esigenza di essere coerenti. Non si può accettare che la porta del Municipio o il portone della chiesa Matrice possano essere prese a pallonate, né si può soprassedere su schiamazzi e parole non sempre ripetibili pronunciate nel cuore di Serra al cospetto di turisti e residenti. Anche questo compromette l’immagine di una “Città”. Perché – diciamolo – spesso i figli vengono difesi anche quando dimostrano maleducazione o peggio ancora prevaricazione e questo “scudo” dei genitori li incoraggia a proseguire su strade non invidiabili. Ma non si può accettare nemmeno che un atto ufficiale non venga fatto rispettare dall’Autorità che lo ha prodotto: significherebbe che la legge è cartastraccia, che, vabbè, abbiamo scherzato perché qui, al sud, sovente si fa così. Il sindaco vada dunque avanti, dica a chi è preposto alla vigilanza di non chiudere uno o entrambi gli occhi. Lo faccia senza la paura di perdere il voto di chi non ama le sanzioni: ne guadagnerà in autorevolezza. Allo stesso tempo, però, elimini la possibile giustificazione: la scarsa disponibilità di luoghi di svago. Rimetta a lucido il campetto ed il parco giochi nella zona del Calvario, ripristini il campetto di via Matteotti, crei nuove aree verdi in cui i bambini possano dare sfogo alla loro spensieratezza possibilmente senza dover pagare. Perché a Serra (specie d’estate, quando peraltro la popolazione aumenta) non possono bastare il Centro polisportivo di via San Brunone di Colonia e l’inagibile (?) palestra di via Guardiaboschi Mulè. Serra ha bisogno di strutture, ma anche di messaggi chiari. Sono due precondizioni, che si aggiungono alle risorse storiche e naturali, per lo sviluppo: il resto lo dovrà fare la comunità generando sinergie e permettendo al talento di emergere. Siamo ad un bivio: o si cambia come collettività e si cresce oppure si resta immobili nella propria ritrosia mentale e si scompare nell’oblio dell’anonimato.

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