L’EDITORIALE / Dal grande gelo agli ammiccamenti, embrioni di centrodestra 2.0

Sembrava fosse finita lì, il 6 maggio 2016, con la presentazione di liste concorrenti, la storia del centrodestra a Serra San Bruno. Da una parte i “salerniani”, logorati da una strategia smisuratamente attendista e troppo fiduciosa nel peso del blasone, tutti dentro “In alto volare”; dall’altra i “rosiani”, dopo gli abboccamenti finalizzati alla costituzione della “terza lista”, andavano a rinfoltire le fila di “Liberamente”. Il tutto dopo 5 anni di “sordità” rispetto ai segnali che arrivavano dall’esterno e dopo una soffertissima separazione sigillata dalla caduta dell’amministrazione comunale. Un atto giunto sul gong della consiliatura con le dimissioni contestuali dalla carica di consigliere comunale di Nazzareno Salerno, Gerardo Bertucci, Adriano Tassone, Giuseppe De Raffele, Vincenzo De Caria, Cosimo Polito e Carmine Franzè. Strano il destino degli ultimi due che – con l’inchiostro ancora fresco sul documento nel quale condannavano Rosi per “gli atteggiamenti ostruzionistici che, di fatto, hanno paralizzato l’attività amministrativa” e sottolineavano che “questo modo di comportarsi non fa certamente parte della nostra cultura politica” – poi andavano ad indossare la stessa casacca dell’ex sindaco.
E, invece, quella storia, forse in altre forme, ha qualche tiepida possibilità di continuare. Certo, con posizioni e prospettive diverse, con stati d’animo “temperati” dal tempo e dalle riflessioni. Un anno dopo l’interruzione dei rapporti gli ex amici potrebbero diventare ex nemici. Velati messaggi partono a mezzo stampa, ma il sospetto è che per i discorsi espliciti non ci sia stato bisogno di intermediari.
Nella conferenza stampa di Fratelli d’Italia è però emersa una diversità di linguaggio fra i vari esponenti: Salvatore Zaffino non fa mistero della sua intolleranza verso tutto ciò che è accostabile a Salerno e a Censore (ribadendo implicitamente totale fedeltà ad Alfredo Barillari), Francesco Tassone privilegia invece la “politica” mettendo al primo posto il “partito” ed i “valori del centrodestra” (aprendo in maniera chiara un ponte con Forza Italia). Bruno Rosi sembra un mediatore fra le due vedute, probabilmente perché non ha dimenticato la fine della “sua” amministrazione, ma nemmeno l’inizio. E forse perché per poter coltivare il sogno delle regionali c’è bisogno di pace, non di guerre intestine. La sua ripartenza avviene, d’altronde, in un campo libero (l’anno scorso, come ha candidamente affermato, c’erano soltanto “28 tessere di Fratelli d’Italia in tutta la provincia di Vibo Valentia”), ma non privo d’insidie.
Forza Italia, che ha vissuto il periodo più travagliato di sempre, prova a togliere la testa dalla tana e comincia a considerare l’ipotesi delle alleanze. L’(auto)isolamento è stato devastante ed ora l’idea di riabbracciare i colleghi di tante (dis)avventure non è più un tabù. La nota di Michele Ciconte segna “ufficialmente” il ritorno in campo, nei fatti i movimenti erano partiti da un paio di mesi con la rete tessuta da Adriano Tassone. Una ragnatela di rapporti ancora fragile e scivolosa, ma che ha trovato le sponde sulle quali appoggiarsi in attesa del rinvigorimento. Le difficoltà non mancano, perché gli eventi hanno fiaccato l’entusiasmo di alcuni. E molti guardano già al problema principale: chi sarà il leader? Dunque, la strada, irta e pietrosa, si prospetta in salita. Ma, almeno, adesso una strada c’è.

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