
di Michele Furci – Può ancora definirsi società democratica se le multinazionali, che operano nel mercato finanziario sovranazionale, possono decidere liberamente il prezzo delle materie da cui dipende, invece, l’economia reale assoggettata a regole ferree della sovranità statuale? Può dunque la struttura sociale, costituita da persone in carne e ossa di subordinati o anche di operatori economici imprenditoriali e autonomi, reggere questa competizione con le forme politiche, istituzionali e regole democratiche tradizionali? Lo Stato di diritto, determinatosi sulla base del rapporto duale Capitale-Lavoro, può essere ancora in grado di esercitare la sua sovranità nazionale e decidere i destini delle comunità se nulla può nei confronti del mercato finanziario, che opera in una sfera extraterritoriale? Un potere politico nazionale, che si esercita in virtù degli assetti determinati dalle conquiste sociali del ‘900, può ancora dirsi tale dopo l’entrata in crisi all’indomani degli eventi geopolitici del 1989-1991? La liberalizzazione dei prezzi e il libero mercato senza alcun limite o vincolo di responsabilità sociale, può impedire mai la speculazione che, al contrario, dipende esclusivamente dalle dinamiche che muovono i mercati finanziari globali?
Per dare una risposta plausibile, sulla scorta dell’esperienza storica, bisogna comprendere innanzitutto che il potere della sovrastruttura globale è profondamente mutata negli ultimi trent’anni. Sicché, proprio perché la competizione che scaturisce dai mutamenti prodotti dalla quarta rivoluzione industriale e del digitale sta ridisegnando gli assetti geopolitici continentali, gli equilibri stabiliti nel 1945/47 non reggono più. A causare l’inedita possibile terza guerra mondiale militare, perciò, non è il potere politico che si esercita peraltro in nome di una struttura sociale ampiamente superata dalla realtà, bensì il nuovo soggetto finanziario globale. Esso, condizionando i due tradizionali poteri, capitale-lavoro, opera e determina le ricadute effettive sulle plurali variabili che determinano il reddito pro-capite e gli stili di vita in ogni comunità nazionale. Si tratta quindi di un’inedita guerra, combattuta su più fronti atipici che, seppure si guerreggi nei luoghi in cui sfogano le tradizionali armi dei conflitti armati, in realtà è totalmente differente del passato giacché possiede due novità: il peso dei missili a lunga gittata con l’atomica e i mezzi tele-mediatici invasivi. È un conflitto armato, quello che manovrano più o meno apertamente le grandi potenze, che garantisce però la non belligeranza dell’uno contro l’altro direttamente, giacché si riconosce loro il potere di veto sin dal 1946 dalla Società delle Nazioni Unite. D’altronde, il potere geopolitico è proprio in quel luogo che, in realtà, opera in rapporto a ciò che gli impone sullo scacchiere sociale il neo iper liberismo finanziario. E questo potere, che si continua a collegare al tradizionale capitalismo reale, ormai dagli anni ’80 del ‘900 è un neo terzo soggetto autonomo che ha finito per esautorare gli organismi di rappresentanza istituzionali della politica tradizionale. In questo primo ventennio del terzo millennio, sebbene le comunità occidentali esprimano governi politico-istituzionali che governano sulla base della mediazione del parlamentarismo, in realtà sono deboli e incapaci di far rispettare le proprie regole costituzionali ai colossi delle Multinazionali e alle logiche del mercato azionario sempre più globalizzato. Il neo terzo potere, che domina le soggettività espresse sul terreno della competizione duale del capitale-lavoro, non ha bisogno di avere gli strumenti di attacco o di difesa tradizionali e convenzionali, esercito militare con carri armati, missili e quant’altro che serve per distruggere e annientare il nemico, bensì ha potenti inedite armi di condizionamento di massa. Con esse, utilizzando l’esercito tele-mediatico invasivo, il web, l’insieme dei social e le leve della borsa del mercato finanziario, opera indisturbato in Occidente affinché gli altri poteri tradizionali, che si fondano sulle articolazioni degli attori sociali dell’economia reale, agiscano per i loro esclusivi freddi interessi: le speculazioni finanziarie! In questi ultimi quarant’anni, infatti, utilizzando a piacimento l’insieme delle neo tecnologie industriali e digitali, si è formato un inedito blocco sociale. Esso, trasformando il tradizionale valore dei beni materiali in prodotti finanziari, ha accumulato ingenti risorse. Poche famiglie a livello globale, in tal modo, modellano a piacimento ogni operatore sociale, condizionandolo sul piano del governo reale dei processi decisivi, eliminandolo politicamente se non gradito con il suo esercito tele-mediatico e facendolo scomparire dalla faccia della scena pubblica con tutti mezzi antichi e moderni che l’umana specie conosce sin dalla sua comparsa sulla terra.