
Non ci siamo: onore a chi credeva, e magari crede ancora con le residue speranze coltivate dall’onestà intellettuale che gli appartiene, di poter offrire un contributo autenticamente costruttivo alla causa della maggioranza e dell’Amministrazione, ma quando il capo di esse non riesce a staccarsi dai suoi sempiterni vizi, il sogno di poter collaborare alla realizzazione di un progetto assume le sembianze di un’utopia irrealizzabile. Stamane a Palazzo San Giorgio il presidente del Consiglio comunale Demetrio Delfino, insieme ai consiglieri Giovanni Minniti ed Antonio Ruvolo (Filippo Quartuccio assente giustificato, ma ben presente in spirito e contenuti) hanno convocato una conferenza stampa per esplicitare nel dettaglio quale fosse la posizione maturata nel corso del tempo rispetto all’azione amministrativa fin qui compiuta dalla coalizione guidata da Giuseppe Falcomatà. Una rivendicazione orgogliosa di appartenenza al centrosinistra di cui sono, e continueranno ad essere, importante parte integrante, sebbene caratterizzata dal desiderio di puntellarla con una forte azione di rilancio. C’erano, dunque, tutte le condizioni affinché al sindaco arrivasse un messaggio inequivocabile: noi siamo con te, ma riteniamo ci debba essere, proprio per consolidare il percorso che condurrà fino al termine del mandato, un confronto ed una condivisione assenti per lungo tempo. Questa era l’intenzione dei protagonisti, stracciata, a nostro modo di vedere, dal chiarissimo atteggiamento di sfida del Primo Cittadino, entrato a passo di carica nella sala antistante l’Aula del Consiglio comunale per sedersi, con un palese intento provocatorio, in prima fila, ad un passo dal tavolo dietro il quale si erano sistemati i tre rappresentanti della maggioranza. Chiunque legga diversamente la presenza di Falcomatà dovrà, gioco forza, arrendersi all’evidenza dei fatti verificatisi al termine dell’incontro con i giornalisti quando lo stesso sindaco, sollecitato, con tatto ed educazione, umani ed istituzionali dal presidente Delfino a prendere un caffè, dunque compiendo un ulteriore gesto di disponibilità ed apertura, ha preferito girare i tacchi e fuggire nascondendosi dietro il dito esile che: “Come ogni lunedì c’è Giunta”. Un modo di fare che qualifica, meglio di qualunque editoriale o critica verbale, l’altezzosità d’argilla che a breve, per fortuna, franerà, sotto i colpi devastanti del “martello delle urne”. Lodevole, a maggior ragione, lo sforzo prodotto da Delfino, Minniti, Ruvolo (e Quartuccio) che, come sottolineato stamattina, ci hanno messo la faccia, a differenza dei tanti altri colleghi che, sebbene sulle stesse, identiche posizioni, hanno scelto, al momento, di non uscire allo scoperto. Quelle dei quattro componenti della maggioranza sono state, e sono, “riflessioni a voce alta” che non lasciano margini all’ipotesi di formare un gruppo autonomo, un intergruppo o altra forma di coordinamento organizzato. Appartengono a partiti diversi e lì permarranno. Sono consci, a differenza del Primo Cittadino e dei suoi ridottissimi “pretoriani”, che la maggioranza nel corso degli anni è apparsa troppo spesso “dormiente” e tale appaia tuttora mentre si trova di fronte a bivi decisivi per le sorti della città. Hanno posto in luce, nel corso dell’appuntamento odierno, che nessuna fronda o nessuna congiura sono state consumate nelle “segrete stanze”, anzi attribuendosi una limpidezza resa tale, del resto, dalla circostanza che si sono sempre incontrati nella sede municipale, quindi senza alcun desiderio di sottrarsi ad occhi ed orecchie indiscreti. Il loro è, invece, un punto di vista diverso rispetto al modo in cui è stata condotta la macchina comunale che vorrebbero provare a puntellare confidando, così, di costruire un argine, ben più solido rispetto a quello attualmente in funzione, all’avanzata del centrodestra. Delfino ha tenuto a precisare che si tratta di libere considerazioni partorite molto prima che la situazione degenerasse in seguito al verdetto della Corte Costituzionale a causa del quale potrebbero esserci conseguenze definitive sui conti di Palazzo San Giorgio. Ed è a questo proposito che Ruvolo ha ritenuto doveroso compiere un esercizio di autocritica sostenendo che diversa avrebbe potuto essere la tempistica della loro risoluzione a tentare di invertire la rotta. Una sorta di campanello d’allarme, quindi, affinché di queste debolezze che hanno reso poco efficace l’azione dell’Amministrazione non si avvantaggi un centrodestra che tutti i presenti si sono trovati a considerare responsabile delle difficoltà in cui si dibatte la città. L’insostenibilità del Piano di rientro, del resto, era stata ripetutamente posta in evidenza da Antonio Ruvolo che, in merito ad alcune interpretazioni inesatte riportate in questi giorni, ha levato alto l’orgoglio socialista, esibendo con malcelata soddisfazione anche una cravatta rossa buona a rendere l’idea della sua immutabile collocazione politica. Un vanto che fa il paio con quello che i tre membri dell’Amministrazione presenti, all’unisono, hanno legittimamente ostentato facendo risaltare come “per la prima volta nella storia dei consiglieri abbiano parlato a voce alta non per questioni di postazioni, incarichi o prebende personali, ma per questioni prettamente amministrative, politiche e di rilancio”. Una correttezza ed una genuinità che mal si conciliano, e questo è bene che gli stessi consiglieri lo capiscano a chiare lettere, con la condotta irrispettosa e sleale di un sindaco che, anche dopo il passaggio odierno, non può più essere da essi legittimato al comando cui sottoporsi con timidezze e deferenza.
Le riflessioni messe nero su bianco dai consiglieri comunali Delfino, Ruvolo, Quartuccio e Minniti