
Senso dello Stato e rispetto delle istituzioni: due concetti solo all’apparenza magniloquenti se utilizzati come unità di misura del comportamento di un consigliere comunale. Nei fatti le due stelle polari che ne dovrebbero guidare il cammino, soprattutto quando esso si fa insidioso. Dopo diverse giornate convulse il cui il suo nome è stato pesantemente accostato, in documenti giudiziari ufficiali, ad avvenimenti abietti che si sarebbero succeduti sulla sorte di una bimba di 9 anni, Massimo Ripepi, fino a cinque giorni fa leader incontrastato di Fratelli d’Italia a Reggio Calabria, non ha avvertito il peso di quei due gravosi principi richiamati in cima a queste riflessioni.
Incurante dei chiari messaggi provenienti dal suo (al momento ex) partito, il quale, rivolgendosi per via formale al presidente del Consiglio comunale, ha espressamente richiesto che atti e parole della guida della Comunità PACE non siano più considerati espressione di Fratelli d’Italia, e imperturbabile di fronte al disinteresse platealmente reso manifesto dal resto del centrodestra assentatosi dalla seduta di giovedì della Commissione Controllo e Garanzia, presieduta dal leader spirituale della Chiesta “Gesù Cristo è il Signore”, continua a non mollare il privilegio derivante dalla rappresentanza della comunità reggina. Un atteggiamento ancor più insensibile se si pensa che egli ha ritenuto doveroso, esploso il caso, porsi autonomamente al di fuori della parte politica di cui era autorevole esponente, ma non di tutelare la massima Assemblea elettiva cittadina finché le acque torbide di questa questa vicissitudine torneranno ad essere chiare. Non è questo il caso in cui nascondersi dietro lo scudo garantista che tutte le persone assennate indossano, anche in merito a tale episodio (e ci mancherebbe altro), ma di opportunità politica. Come fa il consigliere Ripepi a non comprendere che l’arroccamento al riparo della sua personalissima coscienza e la crociata avviata nell’intento di difendere la propria onorabilità ledono irrimediabilmente il diritto-dovere dell’intera opposizione di esercitare al meglio il mandato di incalzare l’azione amministrativa della maggioranza? I margini di manovra del centrodestra, incombente la spada di Damocle della presenza di Ripepi tra i suoi ranghi, sarebbero ridotti al lumicino perché privi di quella credibilità necessaria ad una iniziativa costante di attenta sorveglianza dell’operato di Falcomatà e compagni. I tempi della Giustizia sono incompatibili, purtroppo, con quelli della Politica e di questo, e solo di questo, bisogna prendere atto proprio per evitare che si consumino, ancora una volta, sulla pelle indebolita della seconda, gli effetti perniciosi delle lungaggini della prima. Sarebbe un errore inconcepibile proprio perché in questa traversia la Politica non c’entra nemmeno per via indiretta e, pertanto, merita di essere tutelata doppiamente e non di servire da ostaggio nelle mani di un Pastore.