
*di Giuseppe Crispino – È ormai da alcuni giorni, che circola un video, che ha ad oggetto la problematica della depurazione in Calabria, video nel quale si sostiene non solo che gli impianti di depurazione della nostra Regione in estate ricevono 10 volte la depurazione (cosa detta in maniera del tutto generica, volendo probabilmente significare, che la portata di liquame in ingresso nella stagione estiva aumenta di 10 volte), ma altresì che occorrerebbe censire gli impianti di depurazione presenti sul territorio regionale, ma soprattutto che molti sindaci scaricherebbero i fanghi prodotti dagli impianti di depurazione nel nostro mare, e che per la risoluzione di tale problematica basterebbe installare delle telecamere ad infrarossi al fine di scoraggiarne l’eventuale intenzione, poiché, in caso contrario, risulterebbero evidenti le prove sulle quali fondare una denuncia alle autorità competenti.
Partiamo con il dire che la Regione Calabria è pienamente a conoscenza di quanti e quali siano gli impianti di depurazione presenti sul territorio, anche grazie ai controlli e ai censimenti che ARPACAL effettua in maniera regolare. A tal riguardo si fa presente che la stessa Comunità Europea ha sanzionato la Regione Calabria attraverso ben tre procedure di infrazione, alla base delle quali, è ovvio vi sia la conoscenza, sia dei Comuni totalmente privi di impianti di depurazione, sia quelli dotati di impianti mal funzionanti.
L’impianto di depurazione viene genericamente rappresentato come un insieme di vasche, senza tenere conto che esso è soprattutto un insieme di sezioni di trattamento del liquame in ingresso, un vero e proprio susseguirsi di fasi, ognuna delle quali ha una specifica funzione, atta a garantire l’ottimale efficienza depurativa dell’effluente in uscita.
La quasi totalità degli impianti di depurazione presenti in Calabria sono del tipo biologico a fanghi attivi a schema semplificato, cioè privi di sedimentazione primaria. In maniera molto schematica, il principio di funzionamento di tali impianti, può essere descritto nel modo seguente: la prima fase dell’insieme di trattamenti succitati consiste nella grigliatura, che consente di trattenere le parti solide presenti nel liquame in ingresso. A seguire, la fase di dissabbiatura, attraverso la quale invece, le particelle fini, sfuggite alla grigliatura e quindi ancora presenti nel liquame, si depositano sul fondo del manufatto dissabbiatore. A questo punto, sempre in maniera del tutto semplificata, il liquame così trattato, attraversa successiva sezione di ossidazione, che rappresenta la vera e propria fase depurativa ad opera di microrganismi che, tramite insufflazione di aria sul fondo vasca, utilizzano le sostanze presenti nel liquame come cibo per il loro sviluppo e come fonte di energia per il suo metabolismo. Il liquame in uscita dalla fase di ossidazione viene inviato alla sedimentazione secondaria nella quale avviene la separazione della parte solida che si deposita sul fondo ( fanghi biologici), dalla parte liquida (chiarificata); la frazione solida viene in parte ricircolata in testa all’impianto di depurazione al fine di garantire, nel bacino di ossidazione, la giusta concentrazione di microrganismi attivi, ed in parte inviata alla fase di trattamento fanghi che si conclude con la disidratazione e lo smaltimento in discarica autorizzata di quest’ultimi (i fanghi, degli impianti di tipo civile, possono essere inviati a recupero). La parte chiarificata viene invece inviata alla fase finale di disinfezione, per poi essere scaricata nel corpo recettore, che può essere il mare, un torrente o il suolo. L’effluente finale dovrà rigorosamente rispettare i limiti riportati nelle tabelle dell’allegato 5 del D.Lgs 152/2006.
Fatta questa necessaria descrizione sul principio di funzionamento, si ritiene opportuno precisare che i sistemi di gestione nella maggior parte dei casi riguardano affidamenti ad imprese, nelle more della definitiva operatività dell’AIC (Autorità idrica Calabrese), tramite gare di appalto che comprendono la Manutenzione, la Gestione e lo Smaltimento dei rifiuti. Appare pertanto assolutamente illogico e fuori luogo, sostenere che molti sindaci possano in maniera del tutto illegale, sversare i fanghi prodotti dal ciclo di trattamento dei loro impianti, nel corpo recettore finale, poiché il costo di smaltimento dei fanghi prodotti dal ciclo di trattamento dei reflui sopra descritto, è sempre previsto nell’importo di appalto posto a base di gara, anzi essendo direttamente interessarti da eventuali irregolarità, relative alla gestione degli impianti presenti sul loro territorio, sono sempre in prima linea in riguardo al controllo dell’operato della ditta appaltatrice, la quale, si vuole ricordare, ha l’onere di smaltimento dei rifiuti prodotti dall’impianto di depurazione.
Altrettanto illogico è installare telecamere ad infrarossi per il controllo dell’operato dei gestori degli impianti. La normativa di settore, D.Lgs 152/2006, stabilisce con precisione quali sono le procedure da seguire nello smaltimento dei rifiuti, prevedendo la presenza, in impianto, del registro di carico e scarico nel quale riportare tutte le azioni ed i movimenti effettuati sui rifiuti dal momento della loro produzione sino al momento dello scarico in discarica. Quindi per controllare se i rifiuti (fanghi compresi) vengono smaltiti in maniera regolare o meno, basta effettuare il controllo dei registri di carico e scarico e confrontare le quantità di rifiuti trasportati in discarica con le quantità di rifiuti calcolati teoricamente e prodotti negli impianti. A tal riguardo le Procure hanno personale altamente qualificato che svolge in maniera diligente ed ottimale la funzione di controllo, anche tramite la collaborazione ed il supporto di ARPACAL per i campionamenti, che, quando ha ritenuto necessario ha proceduto con l’installazione di videocamere, anche pubblicando i video delle infrazioni.
Il problema negli impianti di depurazione consiste invece nel fatto che quasi sempre le acque bianche vengono scaricate nelle reti fognarie e quindi nei momenti di pioggia si registrano enormi aumenti di portata che causano il trascinamento dei fanghi nell’effluente finale. Bisogna quindi intervenire eliminando l’arrivo delle acque bianche negli impianti di depurazione. A tal proposito si sottolinea che la normativa di settore prevede che nei momenti di pioggia le portate eccedenti 5 volte la portata media possano essere direttamente inviate al recettore finale (tramite la collocazione a monte di uno scolmatore di piena opportunamente tarato) per cui per effettuare il controllo basterebbe un misuratore di portata dotato di sistema di registrazione delle portate.
Le Regione Calabria ha già pianificato e programmato un piano di interventi sui sistemi depurativi e fognari approvato con DGR n 34 del 8/2/2018 per un importo di €. 195.733.865,29 sui fondi Fsc (Patto per la Calabria) finanziando, ai rispettivi comuni beneficiari, circa 140 interventi.
I comuni, a causa della carenza di personale negli uffici tecnici, hanno difficolta a svolgere le attività necessarie al fine di definire le procedure amministrative di avvio dei lavori degli interventi finanziati.
Sarebbe necessario che la Regione Calabria intraprenda una azione di supporto agli Enti Comunali, tramite esperti del settore altamente competenti (in materia tecnica ed amministrativa) ed opportunamente selezionati, al fine di accelerare le procedure amministrative e procedere celermente all’esecuzione dei lavori.
Per quanto sin qui detto, non c’è bisogno di azioni particolari, tantomeno di andare a scoprire i Sindaci “truffaldini”. La legislazione vigente da la possibilità di controllare chi gestisce gli impianti in maniera diligente e chi invece non lo fa. Chi ha la funzione di controllo lo fa già con uomini competenti ed ha i mezzi per farlo.
La Regione Calabria, grazie all’ottimo lavoro che sta svolgendo l’assessore all’Ambiente assieme al direttore generale ed ai suoi collaboratori, ha intrapreso la giusta direzione nella programmazione di supporto agli Enti per la definizione delle pratiche amministrative di avvio dei lavori già finanziati.
Al momento, ognuno per il proprio ruolo, deve impegnarsi a lavorare affinché le procedure di esecuzione dei lavori, per i nuovi impianti, avvengano in maniera celere ed affinché la gestione degli impianti avvenga in maniera diligente nell’attesa del definitivo avvio operativo dell’AIC che costituirà la definitiva risoluzione della problematica sulla depurazione calabrese.
*Ing. Giuseppe Crispino – Dipartimento Riqualificazione, Infrastrutture e Ambiente del Coordinamento provinciale di Fratelli d’Italia di Vibo Valentia