“Perché votare Minicuci?” Una domanda che a Reggio Calabria ci siamo posti in tanti e che, tra gli altri, ha formulato, anche pubblicamente riservando la sua riflessione ad un post su Facebook, Seby Vecchio. Sì, proprio quel Seby Vecchio poliziotto con il pallino della politica che, nel suo cursus honorum, può vantare, diversi incarichi anche prestigiosi e strategici.
Tratto in arresto quattro mesi fa nell’ambito dell’operazione “Pedigree 2” che ha messo nel mirino il clan Serraino, è accusato di associazione mafiosa poiché sarebbe stato il terminale istituzionale degli interessi dell’organizzazione criminale. Già presidente del Consiglio Comunale, in passato aveva ricoperto pure la carica di assessore alla Pubblica Istruzione nella seconda Giunta Scopelliti. Dunque un pezzo da 90 di Palazzo San Giorgio all’epoca in cui a dare le carte era il centrodestra e contemporaneamente, una solida sponda di boss e affiliati della cosca. L’ex Assistente Capo Coordinatore della Polizia di Stato ora ha avviato una collaborazione con la giustizia che si è già spinta fino alla rivelazione, tutta da accertare in sede giudiziaria ovviamente, di rapporti organici e patti scellerati tra gli allora big della coalizione e famiglie mafiose. Gli inquirenti, in occasione dell’esecuzione del provvedimento restrittivo a suo carico, non mancarono di evidenziare, in particolare, quanto accaduto il 12 marzo 2010 quando, come recita la nota ufficiale: “Vecchio – all’epoca assessore del Comune di Reggio Calabria – prese parte, presso la chiesa di San Sperato, ai funerali del boss Mico Serraino, capo della cosca, già sottoposto al regime carcerario del 41 bis, fratello del defunto Francesco (Don Ciccio, ‘Re della montagna’) e padre di Alessandro (detto ‘Lisciandro’) e dell’indagato Antonio, inteso ‘Nino’ Serraino. Quella presenza non poteva che essere motivo di vanto per la storica ‘ndrina reggina, che – agli occhi della popolazione e delle cosche alleate – si fregiava dell’ultima riverenza, attribuita al suo capo, da un rappresentante delle istituzioni. Ciò a maggior ragione perché il Questore pro tempore- tenuto conto della personalità del deceduto – aveva emanato apposita ordinanza con cui vietava il trasporto della salma in forma pubblica e solenne.
È emerso, inoltre, anche grazie alle intercettazioni telematiche ed ambientali disposte nel corso dell’indagine ‘Pedigre’, come Vecchio avrebbe intessuto illecite cointeressenze con gli esponenti della cosca Serraino sino ad epoca recentissima, concorrendo nell’intestazione fittizia di un ristorante in realtà riconducibile al pregiudicato Maurizio Cortese, incontrando quest’ultimo durante la latitanza e fornendo informazioni riservate ai membri dell’associazione mafiosa”. Questa la sommaria ricostruzione di quanto avrebbero accertato gli investigatori nel corso della loro attività d’indagine. Proprio un paio di settimane prima rispetto all’epilogo dell’operazione Pedigree 2″, i reggini, molti di quelli viventi, qualcuno anche tra i defunti per intercessione di Nino Castorina, espresse la propria preferenza rispetto al quesito sostanziale: volete voi Falcomatà o Minicuci? Una scelta di campo tra i due protagonisti del ballottaggio che Vecchio compì senza dubbi e senza indugi. Indifferente ai suoi lunghi e ricchi trascorsi nelle stanze dei bottoni occupate dalla compagine rappresentata, nella recente competizione elettorale, da Minicuci, decise di appoggiare, con tutto il suo peso, l’attuale sindaco. Non si limitò a questo e, volendo strafare, ne diede ampie motivazioni pubbliche sostenendo, in un dettagliato post su Facebook che Falcomatà “è figlio di questa meravigliosa città” e già questo sarebbe bastato per giustificarne il supporto, ma il poliziotto dedicatosi per tanti anni alla gestione della Cosa pubblica pensava, vieppiù, che “in cuor suo volesse portare avanti il progetto di un tale professor Italo”. Un richiamo romantico all’era in cui a guidare la comunità reggina era il padre del Primo Cittadino, familiarmente chiamato nello stesso post “Giuseppe”. Quel medesimo Giuseppe che “dopo il commissariamento non ha mai smesso di buttar sangue per la nostra amata città difendendo a spada tratta tutto e tutti e per chi ha un minimo di conoscenza in ambito politico o settoriale, sa benissimo che non è per nulla facile”. Ragion per cui, da cittadino riconoscente, Vecchio conclude le sue considerazioni social con un eloquente: “Comunque vada, Grazie Giuseppe” impreziosito dall’inequivocabile appello finale a cuore aperto: “Io voto Falcomatà”. Una corrispondenza di amorosi sensi che, non per niente, in precedenza, era stata suggellata, addirittura, dalla candidatura della compagna di Seby Vecchio, Mirella Amodeo, nella lista “La Svolta”, una delle colonne civiche, o sedicenti tali, a supporto della riconferma del sindaco uscente. Un passaggio, quello elettorale, che, come detto, anticipò di poco tempo l'”incidente” giudiziario nel quale è incappato il poliziotto poi sospeso ed oggi collaboratore di giustizia che narra con dovizia di particolari delle dinamiche dei tempi che furono. I suoi racconti si riferiscono a quando Giuseppe Scopelliti, Alberto Sarra, Antonio Caridi avevano in pugno Reggio Calabria. Una condizione di dominazione dalla quale Vecchio ha inteso fuggire a gambe levate, nonostante sedesse su poltrone ambite quali quella di assessore o di presidente della massima Assemblea elettiva cittadina. Una corsa matta e disperata che lo ha portato così lontano da appoggiare attivamente e platealmente gli avversari di allora ed accusare formalmente e pesantemente gli amici di allora.