
Quando è stato adagiato lì, sulla sconnessa pavimentazione di un marciapiede qualsiasi della città, non sapeva di aver avuto miglior sorte di tanti suoi simili, abbandonati in luoghi pericolosi e bui. In posti dove la sopravvivenza è messa a rischio da piromani improvvisati e ladri di oggetti di culto.
Ma non ci ha messo molto a capire la fortuna piovutagli addosso e da quel momento, settimane fa, non si è più mosso. Immobile, silente, con lo sguardo sereno. Una tranquillità che gli deriva dalla consapevolezza di avere tutto a portata di mano. Non ha bisogno di spostarsi da una parte all’altra della città per il disbrigo quotidiano delle varie faccende che angustiano noi comuni mortali. Nessuno lo infastidisce e lui, di rimando, non infastidisce nessuno. Indifferente allo spaesamento prodotto dalla pandemia, non gli importa se tra le centinaia di persone che lo incrociano qualcuno non indossa la mascherina. Gode di immunità epidemiologica e, infatti, non ne ha mai alzata una per coprirsi bocca e naso. Sì, è vero, ogni tanto qualcuno dei “lordazzi” (secondo la nobile citazione offerta dal Principe Giuseppe Falcomatà) che popolano la riva calabrese dello Stretto deturpa i confini dentro cui respira di vita propria, ma, è noto, ogni popolo ha i rappresentanti a propria immagine e somiglianza e viceversa. Ciononostante, l’educazione dimessa che ha ricevuto lo obbliga a non lamentarsi, nemmeno del traffico caotico di auto che ne circonda i pensieri e rovina i silenzi. Sono i solo effetti negativi che comporta “vivere” in pieno centro, in via Domenico Romeo, a centimetri dall’incrocio con via Torrione, ad un paio di passi dalla strada qualche settimana fa intitolata al compianto sindaco Giuseppe Reale. Ha sete dei toni ovattati, perché pio e devoto come nessuno: sempre lì, con gli occhi puntati verso l’ingresso della Candelora. Osserva il lento andirivieni dei fedeli e prega di non essere importunato. Integerrimo, incarna il più ferreo rispetto delle norme che regolano il vivere civile, ma non avrebbe potuto essere altrimenti: all’angolo della sua “residenza” si erge in tutta la sua imponenza il Comando provinciale dell’Arma dei Carabinieri. Qualunque certificato o documento burocratico gli sia improvvisamente necessario, non si scompone: attraversa la strada e si trova nel cuore degli uffici anagrafici del Comune, sebbene sia orgogliosamente esente dall’obbligo di portare con se un documento. Tutti lo conoscono e tutti lo riconoscono. La preoccupazione per l’età che avanza non lo scalfisce: non fa in tempo ad aprire gli occhi e si trova dinanzi al palazzo dell’INPS. Per tutte le necessità connesse, dunque, è costretto semplicemente a raggiungere l’isolato accanto. Pochi, pochissimi, poi possono vantare una sensibilità artistica come la sua: alla sua immediata sinistra si alzano soavi e dolci le note provenienti dal Conservatorio di Musica dedicato a Francesco Cilea. A destra, giù per un centinaio di metri, e l’incanto dei Bronzi di Riace ne rapisce i sogni. Sì, è davvero in debito con il Destino: egli, nato semplice materasso, ha scoperto quanta Bellezza avvolge le nostre vite. A turbarlo è solo un unico tormento: che qualcuno possa, dopo così tanto tempo, avvicinarsi per prelevarlo e spostarlo in uno dei luoghi, brutti e maleodoranti, realizzati per ospitare “scarti” del genere. Ma è un soffio, un attimo fuggente, appena il tempo di far mente locale e ricordare che la buona stella non lo trascurerà mai: vive a Reggio Calabria e sa che nessuno lo smuoverà da quello spazio così privilegiato.