
Un diverso approccio all’interno ed all’esterno di Palazzo San Giorgio rappresentava, come scritto sin dai primi vagiti del secondo mandato, il segno che le chiacchiere adatte a raggirare gli ingenui avrebbero, in realtà, preso corpo in fatti solidi. Le mosse compiute già nelle prime settimane da Giuseppe Falcomatà e dai suoi accoliti, in modo prevedibile e previsto dai più accorti, al contrario sono state e continuano ad essere calpestate da quella avvelenata continuità con il recente passato all’origine della profonda disistima nutrita dal 70% dei reggini nei confronti del sindaco e della sua maggioranza.
Il passaggio di ieri, martedì, che ha disgustato l’avvocato Filomena Iatì, costretta dagli eventi a rendere pubblica la sua incredulità di fronte alla consueta sopraffazione di cui si rendono autori, molto spesso e molto volentieri, gli attori della maggioranza, è la conferma di una immutabilità fissa di atteggiamenti duri a morire. A preoccupare, in prospettiva, non è tanto il dispotismo ormai ben noto, ma l’ostinata ignoranza politica che impedisce al centrosinistra reggino di saper leggere la politica ed i suoi eventi quotidiani. Capire che, nella consiliatura appena iniziata, le minoranze sono tre e non più una avrebbe, per esempio, indotto il Primo Cittadino ed i suoi luogotenenti ad assumere comportamenti meno prevaricatori. Così come comprendere che, a questo giro, le medesime minoranze, sia pur con modalità differenti, potrebbero finalmente trasformarsi in opposizione indisponibile ad accordi di basso profilo mercanteggiati da politicanti di quartiere, avrebbe garantito alla coalizione uscita vincitrice dalle urne di gestire con maggiore padronanza il processo che dovrebbe, si auspica, portare Reggio Calabria fuori dalle secche di sporcizia, morale e materiale, in cui è imprigionata da troppo tempo. Non concedere la vicepresidenza della Commissione Controllo e Garanzia ad un esponente della minoranza sarebbe stato un segno di disponibilità, apertura e condivisione: elementi quanto mai indispensabili ad una compagine che, nonostante la recente vittoria, non gode del consenso di circa tre quarti della comunità reggina. Ad essere presi a sberle dagli abusi intinti nell’immaturità sono, infatti, i pilastri della democrazia, non questo o quel rappresentante della minoranza che, anzi, con le mani libere da incarichi istituzionali, sarà ancor meno disposto a concedere il minimo sconto a chi non lo merita. Insistere nell’arroccamento all’interno del castello delle proprie miserie e dei pennacchi inseguiti con ingordigia insaziabile rinsalda la tesi secondo la quale l’indicazione perentoria che arriva dai vertici di Palazzo San Giorgio è quella di non aprire le porte alla città. Si preferisce, in forma analoga a quanto avvenuto nei sei anni precedenti, essere parte e non tutto, essere schiavi della faziosità e non del dovere imposto dalla ricerca del bene comune. Il consigliere comunale Filomena Iatì, alla prima esperienza politica, ma apparsa già molto determinata nell’individuazione dei bubboni da estirpare, fa bene a chiedersi se tutto ciò sia rispettoso dell’elettorato. No, non lo è e soltanto un’opposizione martellante potrà, con assiduità, alzare in ogni occasione, il velo sulla bulimia di potere disinvolto dei servitori del “Principe”.