
Non è detto lo capiscano e non è scontato si rendano conto che il tempo scorre inesorabile falciando illusioni e speranze, ma se il centrosinistra vuole, quanto meno, provare, a rendere contendibile la carica di sindaco in gioco nella prossima primavera deve, assolutamente, dare il benservito all’attuale Primo Cittadino.
Senza indugiare troppo nel politichese, Giuseppe Falcomatà non ha nessuna possibilità di essere rieletto: nessuna, nemmeno se il centrodestra si suicidasse “bucando” la candidatura e presentando una mezza figura senza infamia e senza lode. Potrebbe, quest’ultima, non vincere al primo turno; potrebbe far storcere il muso ad una porzione rilevante di opinione pubblica che spera con ardore di essere orgogliosa del proprio massimo rappresentante, ma è sin troppo facile prevedere una battaglia impari in un ipotetico faccia a faccia nel ballottaggio. Il tema è all’ordine del giorno: gli esponenti della coalizione ad oggi al governo della città ne parlano sempre più esplicitamente e quello che è rimasto, solo all’apparenza sotto silenzio per cinque anni, ora viene a galla con disinvolta schiettezza. Chi mastica di politica a Palazzo San Giorgio non può più fare finta di niente soprattutto nella consapevolezza che il centrodestra, sul piano numerico un’armata invincibile, potrebbe, a sua volta, rimanere invischiato nella ragnatela della scelta da presentare all’elettorato come prossimo inquilino di Palazzo San Giorgio. Falcomatà coltiva il sogno di farsi accompagnare da una dozzina di liste: il problema, molto serio, è che poi esse devono essere riempite di cavalli di razza in grado di raccogliere una messe importante di voti e questo è inimmaginabile. Lo è non per una repulsione nei confronti del centrosinistra, ma perché in pochissimi sono disposti a mettere la faccia su un nome come quello dell’attuale sindaco, inviso ai cittadini e non amato all’interno di Palazzo San Giorgio. Fatta eccezione per i due pretoriani d’argilla, Armando Neri e Riccardo Mauro (vicesindaco il primo, vicesindaco metropolitano il secondo) ed i consiglieri (tutti beneficiati di deleghe) Paolo Brunetti (per intenderci il tizio che passerà alla storia reggina per la grande sete patita dalla città, Filippo Burrone (colui che passerà alla storia cittadina per i crateri lungo le strade) e Giovanni “‘Nci mangiu u cori” Latella, rimane pochissimo altro in mano al Primo Cittadino. Della condotta amministrativa dei fedelissimi, dunque, la comunità nulla avrà da rimpiangere come nulla avrà da rimpiangere di quella del loro dante causa. La fetta più corposa della maggioranza, escludendo gli attendisti passivi, gli ha voltato le spalle per istinto di sopravvivenza e perché, politicamente, mai responsabilizzata in scelte che siano state condivise dal dominus del Municipio, sprangatosi dentro le “sacre stanze” che affacciano sua via Miraglia. I nodi ora stanno vendendo al pettine e sono in tanti ad ammettere senza problemi che non si ricandideranno o che lo faranno soltanto se potranno entrare nelle case degli elettori per sostenere la causa di persona diversa rispetto a Falcomatà. Qualcuno sta anche pensando di staccarsi dal centrosinistra valutando interlocuzioni con altri soggetti politici che ruotano nel vasto perimetro del centrosinistra frustrato dall’insufficiente quinquennio in dirittura d’arrivo. In un Vietnam politico del genere, e con un centrodestra che dopo le Regionali faticherà ancor di più a togliersi dall’impaccio in cui trova ingabbiato, è insensato non perseguire l’exit strategy più agevole. Diversi sono gli step da compiere, ora e liberandosi di apprensioni mascherate da tatticismi. Prima di tutto il malcontento ormai tracimante gli argini della prudenza non può più restare confinato in riva allo Stretto e deve arrivare dritto al Nazareno. C’è un leader della maggioranza in Consiglio comunale, Nino Castorina, che, a questo punto, deve rompere gli indugi ed assumersi la responsabilità derivante dal ruolo: prenda il primo aereo per la Capitale e renda partecipi i vertici del partito dello stato dell’arte. A quel punto, davanti ad azioni da compiere alla luce del sole, sarebbe ben complicato per il Segretario nazionale del Partito Democratico, ripetere la barzelletta propinata venerdì scorso all’Auditorium “Calipari” quando, dando inconsciamente il colpo di grazia alla fallimentare campagna elettorale di Pippo Callipo, si è lanciato in una grottesca esaltazione dell’azione amministrativa di Falcomatà. Sicuramente imbeccato, sicuramente “obbligato” dagli eventi, ma il massimo dirigente del PD deve ancora spiegare, in termini politici e morali, il motivo per cui Mario Oliverio non abbia meritato la ricandidatura a differenza del sindaco di Reggio Calabria, i cui pasticci quotidiani sono sotto gli occhi di tutti. Oltre tutto, le pochissime menti politicamente avvedute nella compagine di governo già da tempo avevano lanciato l’allarme circa la seria eventualità che dalle istituzioni preposte potesse piovere sul capo della città la tegola del dissesto proprio a ridosso delle elezioni. Dunque, nessuna sorpresa, salvo che per i tanti sprovveduti vaganti senza costrutto nei corridoi del Palazzo. Offrire una soluzione alternativa al sindaco per convincerlo a non riproporsi non costituisce un problema: il PD ha risorse e potere per colorare questo disegno. Nulla di complicato da mettere a compimento prima di presentare ai reggini una figura popolare che sia in grado di intercettare il consenso al di là degli steccati di partito. Il nome gettonato è quello di Domenico Battaglia, consigliere regionale uscente a cui non è riuscita la rielezione, ma che in una competizione amministrativa sarebbe assai competitivo perché nelle condizioni di intercettare consensi ben al di là del circoscritto recinto del centrosinistra, ma anche altri potrebbero essere i personaggi che potrebbero sposarsi con il profilo richiesto. Qualcuno, da sinistra, obietterebbe che Battaglia sarebbe un candidato eccessivamente centrista, un “democristiano”, ma affiancandogli, in ticket, uno stimato e credibile rappresentante di quel mondo si otterrebbe la quadratura del cerchio. Una legittimazione preventiva è acquisibile organizzando le Primarie, uno strumento che, anche in caso di sindaco uscente, potrebbe tornare comodo per destare base ed eletti dalla narcosi e dalla fiacca rinuncia. Scenari di fantapolitica? Tutt’altro: sono tali solo se il centrosinistra non si scrolla di dosso timori e rassegnazione e se Falcomatà continua a fingere di poter essere concorrenziale. Con lui in campo, la partita è letteralmente ingiocabile e fa sorridere, a questo proposito, la soddisfazione ostentata dal sindaco e dal Commissario provinciale del PD Giovanni Puccio (chi?) per il risultato ottenuto dal partito in città. Con un’unica lista competitiva in campo, quella dello stesso Partito Democratico, per chi altri avrebbero dovuto votare gli elettori di centrosinistra il 26 gennaio per il rinnovo del Consiglio regionale? Dall’altra parte c’erano quattro corazzate e due compagini in grado agevolmente di tenere il campo: è fin troppo ovvio che il risultato sarebbe stato più frammentato rispetto a quello del centrosinistra dove il PD ha cannibalizzato il resto della coalizione. La sostanza è che in città si è materializzato uno scarto di 27 punti percentuali a vantaggio del centrodestra: qualunque altro commento è superfluo e stupido e tergiversare oltre un ulteriore atto di dilettantismo.