di Jessica Gamo* – Il bullismo è una forma di violenza compiuta da giovani verso i loro coetanei. È una forma di prepotenza fatta soprattutto da ragazzi che si sentono più forti di altri. Questi atti vengono spesso ripetuti nel tempo e sempre verso le persone più deboli ed indifese che per carattere non riescono a reagire. Coloro che hanno sperimentato episodi di bullismo o di cyberbullismo hanno maggiori probabilità di sviluppare difficoltà relazionali, di sentirsi depressi, soli, ansiosi, di avere scarsa autostima o sperimentare pensieri suicidi, o suicidarsi come è successo il 20 novembre 2012 ad Andrea Spezzacatena. Andrea era un ragazzo come lo siamo noi, amava la vita ma soprattutto amava vivere – quello che gli è stato proibito di fare da chi,non aveva alcun valore ed era infelice di se stesso.
Chi lo ha spinto a quel gesto estremo si è divertito a prenderlo in giro solo per un paio di pantaloni rosa – diventati cosi per un lavaggio sbagliato in lavatrice – , nonostante questo a lui piacevano lo stesso e li indossava, ma purtroppo i “bulli” hanno cominciato a prenderlo in giro, a deriderlo solo perché indossava un paio di pantaloni rosa, perché il rosa è un colore di donna. Oramai non esiste un colore per l’uomo o un colore per la donna, ognuno è libero di vestirsi come vuole. Sulla storia di Andrea, quest’anno é uscito un film dal titolo “Il ragazzo dai pantaloni rosa” diretto da Margherita Ferri. Il film trae ispirazione dalla vera storia di questo quindicenne vittima di bullismo e cyberbullismo omofobo, che si è tolto la vita il 20 novembre 2012. Tutto era cominciato con un banale errore a causa di un lavaggio sbagliato, i jeans rossi che Teresa, la madre di Andrea, aveva regalato al figlio si erano tinti di rosa. Questo è stato il primo caso in Italia di bullismo che ha portato al suicidio di un minorenne. “Il ragazzo dai pantaloni rosa”, alla fine, parla di un adolescente come tanti altri, osservato nella sua vita quotidiana, con le gioie, i dolori e le difficoltà che la vita ci pone quotidianamente. La mamma di Andrea, all’oscuro di tutto, ha scoperto quello che il figlio soffriva solamente dopo il suicidio del ragazzo; ora lei sta dialogando con i ragazzi in tutte le scuola per parlare della storia Andrea e per far capire ai ragazzi ed agli adolescenti quanto sia pericoloso il cyberbullismo e il bullismo. “Ho sicuramente commesso degli errori con mio figlio ma permettergli di indossare quei pantaloni rosa non è stato tra quelli” dice la mamma di Andrea. Dovremmo cominciare a capire che le parole fanno più male di una coltellata e dovremmo stare attenti a come usarle, dovremmo cominciare a capire che le persone più fragili non dovrebbero essere prese in giro per nessuno motivo, per il colore della pelle o della maglia o dei pantaloni che indossa. Dobbiamo capire che non possiamo giudicare se non conosciamo a fondo la persona, la sua storia e tanto meno quello che sta passando o che ha passato, anzi dovremmo provare ad aiutarla sempre.Vogliamo ricordare Michele, Carolina, Leonardo e tantissimi altri ragazzi e ragazze che hanno sofferto e che continuano a soffrire per una stupida insensatezza.
*classe terza B – Ipseoa Istituto “Luigi Einaudi” di Serra San Bruno