I segnali dello svuotamento e l’astio verso la politica: il caso di Serra San Bruno

La fredda analisi della realtà conduce ad una constatazione. Semplice, inevitabile, scontata ma non al punto da indurre chi ha il compito di disegnare strategie di rilancio territoriale a prendere provvedimenti urgenti ed efficaci. I paesi della Calabria – segnatamente quelli delle zone interne – si vanno svuotando a vista d’occhio determinando un ulteriore impoverimento. La forza del flusso migratorio è principalmente determinata dalla mancanza di lavoro:

quasi impossibile, per chi ha una famiglia o per chi vuole costruirsi un futuro, rimanere in una terra dalle mille bellezze e potenzialità, ma avara di occasione di crescita umana e professionale. A questo motivo scatenante si aggiungono la graduale scomparsa di uffici e servizi e le ridotte chance di impiego del tempo libero.

L’esempio lampante è rappresentato dal trend della popolazione di Serra San Bruno, centro che pure dovrebbe essere il punto di riferimento del comprensorio.

ANNI (1° gennaio) 2012 2013 2014 2015
POPOLAZIONE (dati Istat) 6.832 6.807 6.838 6.773
ANNI (1° gennaio) 2016 2017 2018 2019
POPOLAZIONE (dati Istat) 6.734 6.698 6.604 6.584

Il decremento è costante ed è addirittura mascherato da almeno altri 2 fattori che non vengono rilevati in questi numeri: i giovani che frequentano l’Università (e che hanno formalmente mantenuto la residenza a Serra) rientrano nella popolazione ma chiaramente vivono altrove e, in molti casi, non faranno ritorno nel paese d’origine; i migranti che sono giunti da altri Stati e che hanno stabilito nella città della Certosa la loro residenza “gonfiano” il dato.

Questo calo genera una spirale perversa poiché le attività commerciali vengono raggiunte da meno clienti e, riducendo il volume d’affari, non possono provvedere ad effettuare nuove assunzioni. Al contrario, rischiano la chiusura.

Tale situazione, che ha creato un “corridoio” verso altre regioni o nazioni, allontana le energie più fresche determinando privazioni affettive ed in termini di apporti di idee ed iniziative.

La chiusura di diversi uffici pubblici, oltre a creare disagi, ha inoltre imposto lo spostamento (temporaneo o prolungato) di utenti/pazienti (e, talvolta, delle rispettive famiglie) in altre località generando altri stress economici e sociali negativi.

I trasferimenti – per motivi di salute, di studio o di lavoro – sono peraltro resi complicati e, a volte pericolosi, da uno stato della viabilità che definire precario è un eufemismo.

L’unica cosa che cresce (oltre, purtroppo, al numero di morti per malattie incurabili) è il senso di sfiducia verso le Istituzioni: la negatività delle circostanze spinge, infatti, i cittadini ad organizzarsi in comitati e a manifestare sentimenti vicini all’astio ed al rancore verso la politica. I dati relativi all’affluenza alle urne confermano questa considerazione.

ANNO ELEZIONI REGIONALI 2010 2014 2020
AFFLUENZA 58,67% 46,94% ?

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