
E’ riuscito a far danni, con lucida cattiveria, anche nel momento del commiato, anche negli istanti che avrebbe dovuto dedicare con intensità mistica alla Camera di consiglio giro di boa della sua carriera politica, mirabolante per lui, il peggiore degli incubi per i reggini. Invece, mantenendo fede alla sua arcinota perfidia, ha immolato la città sull’altare del desiderio incontenibile di avvelenare i pozzi prima di piombare nel buio dell’anonimato di un sottoscala di Palazzo Marino.
La sistemazione di Paolo Brunetti e Carmelo Versace sui seggioloni di reggenti di Comune e Città Metropolitana, non essendo confortata da alcuna logica politica, va incastrata nell’intricato puzzle del labirinto psichico di una mente spenta dalla frustrazione. Due individui che imbarazzeranno i reggini della città e della provincia e spolperanno quel che resta non sarebbero mai entrati in un ragionamento degno di tal nome nemmeno a base di alcol e droga nei peggiori bar della Notting Hill tanto cara alle allucinazioni di cui è preda l’impiegato di categoria C presso il Comune di Milano. Eppure, nello sconcerto generale, si sono ritrovati entrambi in un ruolo completamente fuori dalla loro portata e dal quale possono essere allontanati solo se si abbassa il sipario sul teatrino della malapolitica di questi giorni e ci si assume, per una volta, la responsabilità di preservare l’interesse comune. Una riflessione che vale per tutti gli schieramenti. Il sentimento collettivo dell’opinione pubblica teme demagogicamente si tratti solo del generico attaccamento alle poltrone: qualcosa che accomuna la stragrande maggioranza degli esseri umani, non solo in politica. No, magari si trattasse solo di questo: qua stiamo parlando di pezzenti canaglie che, nel caso si sciogliesse anticipatamente il Consiglio comunale, dovrebbero andare a lavorare, tra l’altro qualcuno ad oltre mille chilometri da qui. E gli gnocchi di mammà? E le lampadine da sostituire davanti casa del compare che mi ha assicurato cinque voti? No, sarebbe una disgrazia se Reggio Calabria perdesse, anche solo per qualche mese, l’insostituibile supporto di questi uomini di Stato che non avranno mai letto null’altro nella loro vita se non il contatore Enel, ma sanno leggere bene nelle pieghe più nascoste dei loro loro turpi tornaconti. Uno panorama sconsolante in cui gli unici ad aver conservato lucidità, freddezza, amor proprio e per la comunità sono coloro i quali hanno taciuto senza partecipare alla canea di vendette trasversali e messaggi ambigui, di avanzate fasulle e codarde ritirate, di foglietti ben custoditi in tasca e proposte buone solo a prendere e perdere tempo. Il dato politico macroscopico che emerge da questa babele di profani a digiuno di politica è uno ed uno solo: quand’anche la maggioranza dovesse superare la crisi di queste ore innescata dolosamente dall’impiegato comunale di cui sopra, non avrà mai e poi mai, nemmeno se ricevesse il supporto delle anime di Marx e Lincoln, di Bismarck e Churchill, Lenin e Thatcher, la forza d’urto di tenere botta alle mareggiate che si alzeranno e sbatteranno da una parte all’altra questa scialuppa di disperati. Una disperazione ben presente anche nell’animo di quei consiglieri che simulano di appartenere al centrodestra, ma potremmo definire, per distinguerli dal centrosinistra formalmente inteso, più semplicemente “altri”. Come definire altrimenti tipi ai quali le naturali dimissioni da un Consiglio comunale pienamente delegittimato dagli avvenimenti vanno quasi estorte senza nemmeno avere la certezza, tutt’altro, di ottenerle? Lo fanno dietro la corazza di latta dell’alibi che, in assenza del numero sufficiente allo scioglimento dell’Assise, il loro sarebbe un gesto inutile. Li rassicuriamo: è la loro presenza ad essere inutile e sarebbe quanto mai opportuno, a tal proposito, un incisivo intervento, non dei vertici dei rispettivi partiti, ma della base, degli elettori, delle associazioni e dei movimenti che dovrebbero far perdere loro la faccia dichiarando pubblicamente di non sentirsi rappresentati da questi volgari figuranti finché non leveranno le tende dall’Aula “Pietro Battaglia”: per decenza umana e decoro politico.