Senza giri di parole: in Italia e, con effetti ancor più deleteri in Calabria, il cortocircuito tra ricerca della giustizia e del sensazionalismo sta creando una voragine nel cuore della democrazia. Scariche fulminanti di irresponsabilità che, è bene sottolinearlo con chiarezza, rischiano di creare danni irreversibili ad una corretta formazione dell’opinione pubblica, ormai preda di rabbiose convulsioni. L’ultimo caso in ordine di tempo riguarda Gianluca Callipo, sindaco di Pizzo Calabro, in provincia di Vibo Valentia. Il nome del Primo Cittadino è stato oggi gettato in pasto ai “lupi” che, famelici, attendono solo di addentare pezzi di “carne fresca” al sapore di antipolitica”. Repubblica.it, infatti, seguita poi a ruota da diverse testate giornalistiche e dall’immancabile codazzo urlante del MoVimento 5 Stelle, ha pubblicato il contenuto di un’informativa redatta dai Carabinieri del Raggruppamento operativo speciale nell’ambito dell’indagine sfociata nell’operazione “Jonny” avente ad oggetto presunti atti illeciti connessi alla gestione del Centro di accoglienza richiedenti asilo di Isola Capo Rizzuto. Gianluca Callipo nulla ha a che fare, nemmeno indirettamente, nemmeno lontanamente, con l’inchiesta. Eppure, la circostanza che, all’epoca della sua candidatura alle Primarie del Partito Democratico per la presidenza della Regione, abbia ricevuto il sostegno di un soggetto indagato tre anni più tardi lo ha depositato nel classico ingranaggio del vorticoso tritacarne mediatico-giudiziario. E a nulla vale che Leonardo Sacco, il soggetto in questione, gestisse la più grande struttura europea realizzata per l’accoglienza dei migranti e, come tale, vantasse rapporti con esponenti politici di primissimo piano a livello nazionale. Bene, dunque, ha fatto, il sindaco di Pizzo a rintuzzare l’attacco, peraltro arrivato a meno di tre settimane dalle elezioni amministrative in cui chiederà ai suoi concittadini la riconferma nella carica. Ma, meglio ancora sarebbe stato se, con la nota approntata in giornata, non si fosse giustificato per qualcosa di disdicevole che non ha commesso. La strumentalizzazione da parte di Dalila Nesci, deputata vibonese targata M5S, è inopportuna e testimonianza di uno sciacallaggio al quale, purtroppo, siamo abituati, ma che, nel caso in oggetto, è reso ancor più grave dall’assenza di qualsivoglia ipotesi di reato a carico del Primo Cittadino. La rappresentante pentastellata, tuttavia, ha parlato, con estrema leggerezza, di “intercettazioni pesantissime” e di “scenario inquietante”. insinuazioni alle quali Callipo ha così reagito: “Ho conosciuto Sacco tre anni fa nell’ambito della campagna per le primarie che mi ha portato a girare la Calabria in lungo e in largo, incontrando migliaia di persone. A quell’epoca Sacco, insieme a don Edoardo Scordio, godeva della stima e della considerazione di tutti, dai prefetti ai sindaci, dalle massime cariche dello Stato alle più alte gerarchie ecclesiastiche. Basta fare una veloce ricerca in Internet per trovare alcune sue foto con i massimi leader politici nazionali e, addirittura, con il Papa. Questo ovviamente non vuol dire che tutti quelli che ha incontrato e con i quali abbia parlato siano collusi con la ‘ndrangheta. Per quanto mi riguarda la mia storia politica e umana è cristallina, perché ho sempre assunto posizioni di inequivocabile rigetto delle logiche mafiose. Lo dimostra il fatto che proprio in quella campagna elettorale per la scelta del candidato a presidente della Regione dissi pubblicamente che non volevamo i voti della ‘ndrangheta, facendo storcere il naso a più di qualche persona in Calabria. Oggi, a distanza di 3 anni, alcuni organi di stampa riportano il contenuto di atti investigativi dai quali non emerge alcun profilo di responsabilità da parte mia. Lo ribadisco: ho conosciuto Sacco e Scordio nel corso di una campagna elettorale, quando non erano indagati e quando rivestivano un ruolo di primaria importanza nel settore del volontariato in Calabria”. Callipo, esaurita la fase delle spiegazioni che in un Paese impregnato di civiltà giuridica sarebbero state inutili poiché nessuno avrebbe sfruttato, per interessi giornalistici o elettorali, una “non notizia”, fa un esempio che, è questo l’auspicio, potrebbe contribuire in futuro a rendere meno frequenti i “voli degli avvoltoi”. “È emblematico – ricorda il giovane amministratore del PD – che lo stesso magistrato che oggi coordina l’inchiesta che riguarda Sacco e don Leonardo Scordio, il dottor Nicola Gratteri, in un suo libro del 2013 parlava del sacerdote come di un esempio di lotta alla criminalità organizzata: ‘Noto per le sue coraggiose omelie ai funerali di alcuni mafiosi della zona – scriveva Gratteri -, è un prete che riesce ad attrarre intorno a sé moltissimi giovani, con i quali fonda importanti movimenti di volontariato’. Insomma, se un massimo esperto di ‘ndrangheta qual è Gratteri allora non aveva dubbi sulla liceità e sul valore civico delle attività condotte attraverso la Confraternita di Isola Capo Rizzuto, non si capisce come avrei potuto averli io, senza considerare che al netto di ogni considerazione, né la struttura né i loro gestori hanno mai ottenuto alcun vantaggio o favore da me. Punto”.
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