Gestione dell’acqua tra inefficienze ed irresponsabilità: un fallimento chiamato Sorical

Prima scena: in Siria i maledetti criminali che si muovono sotto la bandiera nera del Califfato dello Stato Islamico utilizzano la distribuzione dell’acqua alle popolazioni dei villaggi come arma terroristica per piegarle al volere della ferocia. Seconda scena: l’oro blu, da sempre, scorre lungo il fiume di sangue che separa i destini di Israele e Palestina. Terza scena: l’emergenza idrica si abbatte, come la peste, sulle speranze di sviluppo dell’Africa subsahariana. Confusa a queste tragedie che insudiciano quel poco di umanità rimasta, c’è la Calabria, vittima e complice al tempo stesso di una oscena gestione della erogazione dell’acqua. Prendete il caso di Reggio Calabria: da decenni le aree periferiche della città sono sofferenti a causa della mancanza del prezioso liquido, eppure quel che sta accadendo da oltre quattro mesi supera ogni limite concesso all’irresponsabilità sociale. Esiste, lungo le disastrate condotte che attraversano il sottosuolo, un tratto di trecento metri, adiacente il costruendo Palazzo di Giustizia, che necessita di essere bypassato con una variante. Le sue condizioni, infatti, sono ancor più disastrate del resto della rete idrica e, a causa di questo problema che in qualsiasi altro angolo dell’Europa sarebbe stato risolto nel giro di pochi giorni, dal 23 gennaio decine di migliaia di persone “beneficiano” del servizio idrico, nella migliore delle ipotesi, soltanto fino al tardo pomeriggio. Negli altri casi, tristemente più comuni, un rigagnolo d’acqua penzola malinconico per l’intera giornata. Tralasciando le vicende relative alla Diga sul Menta, uno scandalo di proporzioni talmente abnormi da meritare l’istituzione di un novello Tribunale di Norimberga, si resta ancora in attesa, ormai con le temperature salite fino alla soglia dei trenta gradi, che tale contingente difficoltà sia superata. Da quel fatidico giorno nel cuore dell’inverno ad oggi, Comune e Sorical hanno dato vita, assieme, ad un insopportabile silenzio, interrotto solo da un indecente scaricabarile. Da una parte, Sorical sostenendo che la distribuzione fosse a regime, dall’altra Palazzo San Giorgio affermando che la società stesse erogando 100 metri cubi in meno al secondo. Di conseguenza, non essendoci la possibilità di riempire i serbatoi, era, ed è tuttora, necessario che i manovratori intervengano razionando l’acqua. La trattativa tra i contraenti si è concentrata su due opzioni: una presentato da Sorical, la seconda, che comporterebbe un esborso minore e tempi più rapidi, è stata proposta dall’ente locale. A quale approdo abbia portato tale negoziazione i cittadini non lo sanno: né l’una né l’altra parte, infatti, hanno ritenuto opportuno informare i contribuenti. Di fronte ad una plateale commissione del reato di interruzione di pubblico servizio, inoltre, sarebbe stato imperativo da parte degli organi deputati,indagare per individuare in modo preciso i soggetti autori dei misfatti in oggetto. Al contrario, la presentazione di un esposto da parte di un drappello di reggini, non ha sortito alcun effetto. E così è accaduto che la società che gestisce (???) le risorse idriche in Calabria ha giocato a nascondino sulla pelle di decine di migliaia di persone. La differenza tra il Comune e Sorical è che il primo, volenti o nolenti, è chiamato a dar conto del proprio operato di fronte all’opinione pubblica-elettorato; la seconda no ed agisce, come stiamo vedendo in questi mesi, nella più totale incoscienza sociale. Coloro che si sono avventurati, in questo lunghissimo periodo, nel chiedere lumi all’azienda, ad esempio approfittando della pagina ufficiale Facebook, hanno provato ad abbandonare giri a vuoto di parole, ponendo domande circostanziate alle quali non faceva seguito risposta alcuna. E, in una gara di insolenza ed indolenza, anche Palazzo San Giorgio si è rifugiato dentro la caverna della sfacciata arroganza non dando conto di quel che avveniva o, più probabilmente non avveniva nel frattempo. Eppure, dettaglio che Comune e Sorical  spudoratamente dimenticano, l’acqua non è una comodità, ma un diritto primario che stanno rubando senza subire danno. Una farsa del genere avrebbe già dovuto spingere a scendere in piazza pretendendo collettivamente la rivendicazione di ciò che spetta. Altre, fin qui, sono state le azioni messe in campo. In una nota, risalente al 1 marzo scorso e avente ad oggetto l’annuncio di class action finalizzate “ad ottenere il risarcimento dei danni subiti da ogni singolo cittadino a causa dei disagi patiti”, così scriveva Saverio Cuoco, presidente regionale Uniconsum: “Non sono state rispettate neanche le norme più elementari che regolano il servizio di fornitura idrica, infatti l’improvvisa e non annunciata sospensione e riduzione di fornitura d’acqua alle abitazioni, per periodi di tempo oltre i limiti della normale tollerabilità, integrano gli estremi del reato di interruzione di pubblico servizio a carico dei soggetti responsabili, risultando evidente, ancora una volta, come ci si trovi dinanzi all’ennesimo episodio che testimonia come si manchi di qualunque forma di organizzazione e di programmazione”…”E’ preciso obbligo del contraente impegnarsi ad informare preventivamente gli utenti attraverso mass media manifesti e altre forme di pubblicità ritenute opportune”. Trattandosi, infatti, di un contratto di somministrazione, è facilmente comprensibile l’illegittimità del pagamento del canone idrico per il soddisfacimento di un diritto essenziale che Sorical e Comune non sono, colpevolmente, capaci di garantire. Nei tre mesi che sono intercorsi da allora, però, il muro di gomma, da parte di tutte le istituzioni, si è fatto sempre più spesso. Nel frattempo, l’anello debole della catena, il popolo, subisce ripetuti calci e pugni in faccia dagli enti deputati a tutelarne gli interessi. Ambiguità, misteri, bugie, mutismo o versioni di comodo di fronte ai quali incomprensibili, a questo punto, appaiono i motivi per cui la magistratura continui ad assistere passivamente allo scempio dei diritti perpetrato con smaccate modalità. In un’unica occasione, indotta dalla rabbia collettiva sfogatasi tramite un durissimo documento pubblicato dai più importanti organi d’informazione, l’Amministrazione Falcomatà ha ritenuto opportuno convocare una conferenza stampa cui è seguita una telefonata tra il sindaco ed il Commissario Sorical, Luigi Incarnato. I due, nella circostanza, avevano reso noto che la settimana successiva, il 28 aprile, ci sarebbe stato un risolutivo incontro al vertice. Il comunicato diffuso lasciava trasparire l’imminenza della soluzione. Il dramma nel quale è piombata mezza città sembrava, dunque, stesse per avere un epilogo positivo. In due passaggi si faceva esplicito riferimento ad una ulteriore riunione, decisiva, che si sarebbe dovuta tenere di lì a poco. Quali siano state le decisioni concrete in relazione allo spostamento della condotta e quale la tempistica dei lavori previsti è qualcosa che appartiene ad una dimensione ultraterrena. Un’azienda, e aggiungiamo un’Amministrazione Comunale, che fossero attrezzate con un livello minimo di rispetto nei confronti dei contribuenti, avrebbero avvertito, fin dal primo giorno, l’obbligo di comunicare con la massima tempestività cosa stesse succedendo e per quanto ancora i reggini sarebbero stati  costretti a tollerare questo scandaloso disservizio. Nessuna delle due parti in causa, invece, ha ritenuto di informare l’opinione pubblica (pagante) circa eventuali difficoltà incontrate. Sono queste le fatali conseguenze in cui si incappa quando gli interlocutori istituzionali credono di avere a che fare con sudditi in ginocchio: condizione ideale per poter mancare di rispetto senza dare conto delle proprie azioni e, soprattutto, delle inazioni. Sorical, e l’Amministrazione Falcomatà avrebbe dovuto pretenderlo, era, ed è, tenuta a fornire notizie, con frequenza quotidiana, in merito allo stato dell’arte. Sfugge loro che il malcontento, alimentato anche dall’assenza di comunicazione sulla sciagurata conduzione dell’emergenza, è arrivato a livelli di guardia. In questa palude di inettitudine, quarantotto ore fa, da Palazzo San Giorgio, per bocca di Paolo Brunetti, consigliere delegato ai servizi idrici, è stato fatto sapere che la Regione ha finanziato, con 4,2 milioni di euro, l’efficientamento della rete: dichiarazioni colme di verbi coniugati ad un indefinito futuro, “dimenticando” di pronunciarsi, con parole di verità e chiarezza, in merito a decisioni che inciderebbero sull’angoscioso presente. Oggi comincia l’ennesima settimana con i rubinetti a secco accompagnati dall’attesa di una riunione che, si dice, sarà quella che, finalmente, spalancherà i cancelli del cantiere lungo il torrente Calopinace. La fiducia dei cittadini, intanto, è ormai sotto i tacchi: del resto è stato lo stesso presidente della Regione Mario Oliverio a giudicare negativo il bilancio dell’esperienza di Sorical e Carlo Guccione, consigliere regionale del Partito Democratico, ha richiesto l’istituzione di una Commissione d’inchiesta ad hoc che contribuisca a fare luce sulle opacità di una gestione fallimentare. Una banale presa di coscienza di una rogna che ha, letteralmente, dell’incredibile: provate a dire a chi vive oltre le Colonne d’Ercole del Pollino, salendo su per lo Stivale, che in una città sedicente Metropolitana nel terzo millennio gli esseri umani sono condannati da 129 giorni a non poter usufruire dell’acqua oltre una certa ora. Vi rideranno in faccia e solo una prova documentale, una foto o un video, li convincerà che sì, la disgustosa verità è quella e, proprio in quell’istante in cui avranno scoperto che nel loro stesso Paese esistono ancora simili ripugnanti testimonianze di gestione del bene pubblico per eccellenza, osservate la loro incredulità, traboccante da ogni angolo del viso. Sarà quella la chiusura del cerchio della mortificazione delle ragioni di una comunità travolta da bidoni e bottiglie.

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