
E’ trascorsa una settimana dalla chiusura delle urne che hanno permesso al centrodestra calabrese di mantenere saldamente le redini della Regione, ma nel turbinio delle analisi del voto continua a non essere ascoltata né letta una parola in grado di fornire una spiegazione o una giustificazione ad una delle poche note stonate per la coalizione: l’arretramento netto di Fratelli d’Italia nella Circoscrizione Sud.
Un risultato inaspettato che non ha tratto slancio dalla forza di cui in questo momento è accreditato il partito a livello nazionale, ma è indubitabile che già prima del responso elettorale in tanti, tra gli osservatori interni ed esterni, nutrivano perplessità sulle mosse di FdI in riva allo Stretto. Una lista pensata male e realizzata peggio ha prodotto solo confusione e tensioni. Opportunità politica imporrebbe, di conseguenza, a chi è investito di ruoli decisionali di assumersi le proprie responsabilità ed esercitare una onesta autocritica. Frasi a effetto per l’exploit nel nord della Calabria, compiacimento per l’affermazione nel cuore della regione, nulla di nulla è stato riservato alle carenze numeriche che hanno segnato il responso nel Collegio Sud. In effetti gli sbagli a quelle latitudini sono, e non da ora, da distribuire su tutti i piani: nazionale, regionale e provinciale. Qualcuno potrebbe obiettare che una leader nazionale come Giorgia Meloni non può certo perdersi dietro rognose faccende locali, ma è pur vero che la presidente di Fratelli d’Italia da anni non mette piede a Reggio Calabria. Ha preferito, perciò, tirarsi fuori dalla bagarre confidando potesse bastare una gestione commissariale da attribuire a figure inadatte a selezionare una classe dirigente con le caratteristiche necessarie per rappresentare le esigenze di un popolo, quello reggino, scorticato vivo dalle angherie di aguzzini politici imperversanti tra i Palazzi istituzionali cittadini. Denis Nesci, l’attuale incaricato, ha tentato vanamente, senza superare il confine della difesa d’ufficio, poco politica e molto personale, di zittire il dissenso che serpeggia tra le fila dei critici, derubricando il tutto a motivazioni di natura formale, ma di quell’analisi pubblica, che dovrebbe offrire una pezza d’appoggio alla cattiva riuscita della tornata elettorale del partito a Reggio e provincia neanche l’ombra. Il problema del mancato consenso, anche rispetto alle Regionali dello scorso anno, è, senza alcun dubbio, diretta emanazione di un’identità debole: la condizione ideale per aprire le porte a chiunque, come se Fratelli d’Italia fosse il classico taxi sul quale salire e dal quale scendere a seconda delle convenienze personali dei passeggeri momentanei. Un disordine facilmente perforabile dalle influenze di personaggi politici come l’ex sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Valentino, lontani nel tempo e nello spazio, che anche nell’epoca remota in cui erano potenti mai sono riusciti a far attecchire le radici nel terreno fecondo di un rapporto simbiotico con il popolo reggino. Nel caos, come dimostrato dalla campagna elettorale, può capitare perfino che la massima espressione regionale del partito, Wanda Ferro, metta da parte il ruolo di garante di tutti i candidati ed un sabato mattina raggiunga Reggio Calabria per infilarsi spumeggiante all’interno della segreteria di Giovanna Cusumano, una candidata catapultata dall’alto nella lista di un partito del quale mai aveva fatto parte. In un contesto simile, ovviamente, non può essere di aiuto nemmeno una salutare, ma antiquata, passeggiata a fianco di un parlamentare europeo come Vincenzo Sofo, milanese figlio di genitori della Locride, ignoto agli occhi di chiunque non sia un addetto ai lavori e volato nella galassia meloniana dopo anni accanto a Matteo Salvini. Non deve, quindi, sorprendere il mancato appeal di Fratelli d’Italia nella Circoscrizione meridionale dove a ben figurare, infatti, sono stati, dietro l’unico eletto Giuseppe Neri (pure lui si è perso per strada oltre un pacchetto molto consistente di voti), i soli Giovanni Calabrese e Monica Falcomatà. Il primo, sindaco di Locri, è stato ricompensato in termini di apprezzamento da una messe di preferenze che, quantunque si sia rivelata insufficiente ai fini dell’ingresso a Palazzo Campanella proprio a causa della performance deludente di FdI nel Reggino, costituisce comunque un patrimonio di esperienza ed identità. Ancor più significativa, date le condizioni di partenza e quelle in cui si è ritrovata a gareggiare, è stata la prova elettorale fornita da Monica Falcomatà, rilanciatasi dopo anni sulla scena politica e subito apparsa forte a sufficienza per testimoniare che Fratelli d’Italia a Reggio Calabria già gode, se solo ne acquisisse piena consapevolezza, di quelle risorse caratteriali e politiche indispensabili per ricreare quella connessione sentimentale con l’elettorato recisa da una navigazione a vista priva di bussola e di un orizzonte verso il quale dirigere le proprie potenzialità rimaste inespresse a tutto vantaggio di Forza Italia e del suo deus ex machina sul posto, Francesco Cannizzaro.