Falcomatà prende a picconate la sua maggioranza

Irremovibile, ma di una irremovibilità irrazionale e somigliante più ad un rancore covato sotto malumori e sentimenti vendicativi che ad una assennata scelta politica. Giuseppe Falcomatà, infilatosi nel tunnel della “Rivoluzione incompleta di Giunta”, sta navigando al buio, a luci spente, senza una rotta precisa, senza una sponda conosciuta da raggiungere.

Ad accecarlo è stato il conflitto, da lui stesso creato, tra la smania di mettere mano all’intero impianto dell’Esecutivo comunale e la volontà, che sarebbe patetica se non fosse ubriaca di comicità, di fissare unilateralmente eccezioni ingiustificate. Una strategia che tutto ha tranne affinità con la politica, anche quella da dilettanti sbaragliati a cui l’Amministrazione Falcomatà ha ormai abituato i reggini. Fatto sta che, indipendentemente dai successi conseguiti, indipendentemente dai fallimenti raccolti in curricula politico-amministrativi avari di frutti, il sindaco, da novello Marchese del Grillo, ha svoltato in una direzione ostinata e, almeno al momento, non è intenzionato, a modificarla.

Dunque, fuori tutti dai Sacri Palazzi, mantenendo il privilegio della poltroncina al solo Paolo Brunetti. Come fare a meno, del resto, di colui che si è guadagnato meriti e galloni sul campo di battaglia “fenicio”? Non ci avrebbero rinunciato né Winston Churchill né Mandela, né Angela Merkel né Barack Obama. Figurarsi se potrebbe mai farne a meno Giuseppe Falcomatà. Sì, se stessimo parlando di Politica vera, ci sarebbe da ridere, ma per fortuna non stiamo parlando di Politica vera, ma solo di un paio di giri di giostra, i cui biglietti sono stati acquistati, a prezzi poco modici, dai cittadini e di cui, dal 2014, stanno godendo ragazzini impreparati e poco avvezzi all’arte di governo. Sorprende, però, l’evaporazione della dignità residuale dei partiti che, presi a bastonate senza pietà dal sindaco, abbozzano timide reazioni, pur guardandosi bene dall’oltrepassare la linea rossa della minaccia di sfiducia.

Tutti a casa? E sia, ma a partire dal sindaco, perché se i rappresentanti dei partiti lo lasciassero alla mercé della sua solitudine, sarebbe una amara scoperta per Falcomatà rendersi conto che il pallone con il quale voleva scendere in campo per il “terzo tempo” gli è stato bucato da qualcuno meno avventato di lui. La soluzione è lì, a portata di mano: se la riprendano loro, i partiti, quella considerazione che il Primo Cittadino intende sottrarre loro d’imperio. Soccombere prendendo atto dei capricci del Princeps sarebbe un colpo letale che, prima di tutto, dovrebbe, e potrebbe, essere impedito dai leader nazionali delle rispettive forze politiche. Sia il PD al quale è iscritto ad abbattere le fondamenta argillose della costruzione di Falcomatà. In caso contrario Democratici e compagni di varia origine dimostrerebbero, una volta di più, quella accondiscendenza che è stata finora la causa principale delle scorribande disastrose patite passivamente negli ultimi nove anni da Reggio Calabria. Sia il Segretario regionale del PD, Nicola Irto, ad assumersi l’onere della leadership affermando principi inderogabili e regole ineludibili davanti alle quali la superbia della personalizzazione, da qualunque parte essa provenga, avrebbe l’obbligo, se non altro quello dei numeri, di inchinarsi. Lo abbandonino al destino delle sue pseudo liste civiche e si vedrà al quel punto quanto sdrucciolevole diventerebbe il sentiero se affrontato in assenza della scorta dei partiti e dei loro rappresentanti eletti sul territorio.

Lo tengano nell’angolo delle contraddizioni in cui Falcomatà stesso si è infilato: se, infatti, come è convinto il Primo Cittadino, non un solo settore ha espresso risultati soddisfacenti nel corso dei due anni in cui il processo “Miramare” lo ha obbligato a sedere in tribuna, sulla base di cosa dovrebbe salvare l’allenatore? E’ o non è qualcosa che può essere accettato, perfino lì con un sorriso forzato, esclusvamente sotto il tendone di un circo? E quale sarebbe, poi, il disegno ultimo?

Vero è che, presto o tardi, è sempre riuscito nell’impresa di rompere, ed anche malamente, con chiunque fosse annoverato tra i fedelissimi pro tempore, ma è altrettanto vero che questo autoisolamento al quale il sindaco si è condannato rischia sul breve, sul medio e sul lungo periodo, di mettere fine alla sua permanenza nel Partito Democratico. Rappresenterebbe la certificazione che quella bolla dentro cui vive si è ingrossata così tanto da farlo sopravvivere in un universo parallelo, perché immaginare per un momento di poter esistere e di poter godere di un consenso nell’opinione pubblica senza l’ombrello del Partito Democratico supera i confini del delirio. Immaginare di affrontare una competizione elettorale regionale senza il sostegno, decisivo, del PD, ma con quello degli avanzi rimasti nella cerchia di amici, sarebbe autentica manna dal cielo per chi non aspetta altro che vederlo fuori dai giochi, fuori dall’arena, fuori dall’agone. Faccia pure, a questo non abbiamo fretta che lo spettacolo finisca.




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