
Avvertenza iniziale e necessaria: questa immagine a corredo dell’articolo, quantunque risalga al 30 aprile delo scorso anno, data di inaugurazione del ristrutturato Museo Archeologico, nella sostanza è come se fosse stata scattata in un’altra era geologica. La corrispondenza di amorosi sensi tra i due protagonisti è stata bruscamente interrotta dagli eventi e, come gli adolescenti che tentano disperatamente di trovare uno spazio nel mondo che sia loro consono, provando a costruirsi un’individualità ancora indefinita e confusa, il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, vistosi sottrarre il paracadute renziano, cerca ora di ritagliarsi, sgomitando con difficoltà, un angolino nel Partito Democratico. Quello stesso Partito Democratico dalla cui stanza dei bottoni il Segretario Nazionale lo ha malamente allontanato scegliendo di stendere un tappeto rosso all'”acerrima nemica” Angela Marcianò. Assessore della Giunta capeggiata dallo stesso Falcomatà, come noto, è stata cooptata all’interno della Segretaria pur non avendo mai avuto in tasca la tessera di partito. Uno smacco inatteso per il giovane sindaco che, da quella sera di fine maggio, non ha più perso un’occasione per mettersi di traverso rispetto alla politica messa in atto da Renzi. Ultimo momento utile, in ordine di tempo, è stata la Direzione del PD svoltasi nel pomeriggio di ieri, giovedì, durante la quale il Primo Cittadino è intervenuto con parole strumentalmente polemiche rispetto alla linea tracciata dal suo Segretario. E’ paradossale, tuttavia, che, pur di caricare a testa bassa, il il sindaco di Reggio Calabria si sia, implicitamente, infilato, in un tunnel di contraddizioni con quanto detto e fatto dall’inizio del suo mandato, fin qui denso di ombre e ben al di qua della soglia minima della modesta ordinarietà. La sua voleva essere una rivendicazione identitaria, in polemica con la medesima Marcianò che, in un’intervista rilasciata a “Repubblica”, aveva sostenuto l’anacronismo delle distinzioni tra destra e sinistra. Il Primo Cittadino, ha, dunque, di rimando, reclamato la necessità di una politica che sia autenticamente di sinistra. Bene, ma sarebbe stato il caso, davanti ai maggiorenti del suo partito, che illustrasse quale riconoscibile impronta di sinistra ha dato, fino al momento, alla sua azione amministrativa. Secondo quanto riporta “lacnews24.it”, ha elencato alcune delle questioni su cui le visioni di destra e sinistra appaiono, e sono, divergenti. “Ambiente, lavoro, accoglienza, sanità e uguaglianza”. Proprio essi sono, ad osservarne i caratteri con attenzione, oggetto, di alcune tra le domande di buona amministrazione, rimaste finora senza risposta, da parte del popolo reggino. Il tema ambientale può essere definito, a ragione, una sorta di “specchio della vergogna”. Il verde pubblico, da nord a sud della città, è un filo ininterrotto di squallore che raggiunge il suo acme, almeno a livello simbolico, nella devastazione del Lungomare. E, sorvolando, per ovvie ragioni di amor proprio, sull’immondizia che trabocca ovunque e sulle innumerevoli fogne a cielo aperto, si tocca l’apice dell’indegnità ricordando che questo sindaco, non altri, ha lasciato (fino ad oggi almeno, ma il conto è destinato a lievitare ulteriormente), per 166 giorni senz’acqua più di mezza città. Una condizione terribile, che nelle ultime settimane, complice l’insopportabile aumento delle temperature, è diventata un inferno di cui sono responsabili Giuseppe Falcomatà e Sorical, la società che gestisce (per modo di dire) le risorse idriche in Calabria. Su lavoro e sanità, altri due macigni piazzati dal sindaco sul tavolo della discussione in Direzione, è preferibile stendere un imprecisato numero di veli pietosi: Reggio Calabria, sul piano economico, è una città defunta e seppellita e non si ricorda, nei quasi tre anni vissuti da Capo dell’Esecutivo comunale, un solo atto, da parte sua, utile a restituire un soffio di speranza. Dell’inqualificabile stato in cui versano gli Ospedali Riuniti non serve ricordare nulla, tanto umiliante si rivela quotidianamente varcare quella soglia. Certo, si dirà che la responsabilità non è in capo al sindaco, ma è altrettanto indiscutibile che, in quanto autorità sanitaria locale, avrebbe dovuto battersi fino allo stremo delle forze per assicurare dignità ai pazienti. Tanto per cambiare: non pervenuto. In merito all’accoglienza, poi, è proverbiale la schizofrenia di Falcomatà che, terminata la luna di miele con le visioni oniriche, ha smesso di indugiare sul ripopolamento dell’entroterra affermando che la città è allo stremo. Quanto verificatosi in occasione della seduta ad hoc del Consiglio Comunale, prima convocata per il tardo pomeriggio del 5 luglio e poi annullata, costituisce la cartina di tornasole di un modo di agire contraddistinto da ingenue fughe in avanti invariabilmente seguite da timorosi passi indietro. Su un unico aspetto, tra quelli da lui evidenziati, però, l’inquilino di Palazzo San Giorgio, ha ragione da vendere: quello legato all’uguaglianza, ma non intesa come parità di condizioni; tutti i reggini, infatti, sono uguali, davanti alle drammatiche conseguenze prodotte dalla colpevole impreparazione del Primo Cittadino. E se le pecche dell’Amministrazione targata Falcomatà sono emerse in tutta la loro abiezione nell’epoca in cui il sindaco vantava, pur in presenza di risultati inesistenti, un rapporto privilegiato con chi detiene le sorti del Paese, è immaginabile che l’affossamento delle sue ambizioni personali porterà l’intera città verso profondità ancor più estreme del precipizio nel quale è già caduta.
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