
Dove pensano che il Movimento5Stelle abbia trovato la linfa che ne ha alimentato la crescita fino a tracimare in un’ondata di consensi di cui, probabilmente, non si conosce ancora il picco? Quali azioni semplici di affiancamento e sostegno nelle difficoltà, individuali e collettive, immaginano che CasaPound abbia compiuto per consentirle di lievitare, ad oggi in alcune realtà territorialmente limitate, e raggiungere una dimensione impensabile fino a poco tempo fa? Eppure, insistono con arroganza, perseverano nell’errore, ripetono gli oltraggi, continuano a prendere in giro. In Calabria, come noto, l’esempio, più degno o più indegno a seconda dei punti di vista, è rappresentato dal sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà. Un’autentica fucina di disprezzo nei confronti del popolo, un vero e proprio serbatoio di pensieri (per modo di dire) deboli e parole insultanti. Se ne potrebbe ricavare una rubrica quotidiana: sarebbe una sorta di promemoria per quei cittadini che, con voluttà masochistica, subiscono la sindrome di Stoccolma senza emettere un solo singulto lamentoso. E tuttavia, come certificano le urne, l’idea di potersi prendere gioco di tutti, sempre, è un’illusione a tempo determinato, determinatissimo ed il PD, proprio per colpe ascrivibili al Primo Cittadino, lo appurerà nelle cabine elettorali che saranno montate in occasione delle ormai prossime elezioni Politiche. Per chi ha scarsa memoria a tal proposito è sufficiente tornare indietro al 4 dicembre dello scorso anno: i risultati del referendum costituzionale a Reggio Calabria sono stati inequivocabili ed il disvalore aggiunto determinato dall’occasione di “punire” il regimetto mediocratico di Palazzo San Giorgio ha toccato picchi elevati. Una riprova di quello scollamento dalla realtà, e non solo, è dato dalle considerazioni che Falcomatà ha pubblicato poco più di un’ora fa sulla sua pagina Facebook. Sordo alla rabbia popolare, cieco davanti ai “monumenti” all’inciviltà eretti, quotidianamente ed ovunque, in una città ostaggio dell’anarchia, muto di fronte alle istanze che salgono dalle viscere più profonde, si è fatto beffe, una volta di più, degli obblighi di buona amministrazione derivanti dalla funzione ricoperta. Vuoi per limiti oggettivi sul piano caratteriale, vuoi per deficienze altrettanto palesi sul piano delle capacità gestionali, fin dagli albori del suo mandato ha iniziato una fuga dalle responsabilità, destinata a terminare solo con la agognata conclusione di una consiliatura con le sembianze di un incubo oscuro. “Solo la buona programmazione, con la pulizia delle caditoie e dei tombini, che avevamo effettuato per tempo nei mesi scorsi, ha evitato che la situazione degenerasse come è avvenuto in altre città”, sarebbe l’inizio di una barzelletta esilarante se solo non si trattasse del destino di una nobile città, troppo superficialmente affidato (temporaneamente) a mani improvvide. Ne hanno dato notizia i telegiornali nazionali, il capo della Protezione Civile calabrese lo ha messo a tacere, ma la sola preoccupazione di quello che dovrebbe essere il Primo Cittadino, anche in occasione del nubifragio abbattutosi nelle prime ore di lunedì, è stata quella di scrollarsi di dosso la forfora delle critiche meritate. Aprire l’ombrello degli inganni per proteggersi dall’alluvione di colpe: uno degli effetti collaterali di quella farsesca caricatura di se stessa che è diventata la democrazia.
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