
Prenotazioni obbligatorie, ombrelloni da sistemare a debita distanza l’uno dall’altro, lo stesso varrà per lettini e sedie a sdraio, divieto di stendere la tovaglia da mare sulla spiaggia, obbligo di indossare la mascherina lungo il tragitto fino all’arrivo alla propria postazione e nell’allontanarvisi per lasciare la spiaggia, sanificazione continua di qualsiasi ambiente ed oggetto, proibizione degli ormai celeberrimi assembramenti e, dunque, di ogni attività storicamente legata alla permanenza ed al divertimento in riva al mare.
Diciamola tutta: si tratta di regole così stringenti che, nell’estate ormai alle porte, trascorrere qualche ora sulla battigia metterà a dura prova i nervi di chi vorrà, nonostante tutto, tentare l’azzardo. A prescindere dalla concreta fattibilità, dalla realistica adattabilità al rispetto delle norme, un fatto è certo: questo sarebbe stato l’anno più idoneo da sfruttare per le zone collinari e montuose. Luoghi come le Preserre e le Serre, con i loro spazi immensi e puri, avrebbero potuto trarre i più ampi benefici da una condizione così complessa e, invece, come sempre, si troveranno a sentire da lontano il fischio dell’ennesimo treno che passa senza che qualcuno si sia nemmeno premunito di acquistare il biglietto. La storia di Serra San Bruno e del suo circondario, se vista dalla prospettiva turistica, l’unica che avrebbe potuto assicurare un futuro solido di lavoro e sviluppo veri e non assistenziali, è sempre la stessa: un interminabile filotto di occasioni perse perché nemmeno riconosciute come tali, nemmeno individuate come possibili trampolini di lancio. Meglio continuare a vivacchiare lamentando l’abbandono (innegabile) da parte dello Stato, più faticoso sedersi attorno ad un tavolo e discutere, rappresentanti istituzionali e delle varie categorie, di idee e progetti condivisi. Una strategia efficace di marketing turistico che si sarebbe dovuta mettere nero su bianco nel corso del tempo e, al contrario, mai seriamente presa in considerazione. Sempre lì a trincerarsi dietro alibi e giustificazioni pure plausibili, ma senza mai provare ad abbatterli con i martelli della creatività. Giocare a nascondino con l’isolamento geografico e le carenze infrastrutturali ha sfiancato anche la buona volontà di chi avrebbe voluto e vorrebbe tuttora provare a volare alto ed ecco che anche i passi avanti agognati per decenni sul piano della viabilità, sebbene ben lungi dall’essere terminati, si sono trasformati da scorciatoia capace di avvicinare in pista di decollo verso altri lidi, temporanei e definitivi. Luoghi pregni di storia, cultura, tradizioni, bellezze di ogni genere deturpati molto spesso dall’indolenza di una parte importante della società civile troppo distratta dall’ostinazione nell’alimentare la guerra intestina del tutti contro tutti per impegnarsi ad affrontare insieme il duello con la modernità. E non è nemmeno vero che le responsabilità sono, sempre e comunque, da ascrivere al torpore di classi politiche non all’altezza della sfida. No, anche nel recente passato hanno fatto capolino sulla scena pubblica locale figure pragmatiche, professionalmente valide, entusiaste, che hanno messo in campo le loro competenze e la loro passione, ottenendo risultati apprezzabili, ma di gran lunga inferiori a quelli che, con le loro intelligenze, avrebbero potuto conseguire ad altre latitudini più predisposte alla costruzione operosa. Lo stesso dicasi per associazioni locali che negli ultimi anni si sono prodigate nell’organizzazione di eventi che hanno tentato di scuotere dall’apatia collettiva una comunità seduta su allori contraffatti dall’amara realtà. Quanto è faticoso spingere sull’acceleratore in una realtà in cui anche una misura elementare e banale come quella di chiudere al traffico, nel mese di agosto, il Corso Umberto I diventa motivo di accese polemiche e furiose reazioni? Da decenni, solo per fare l’esempio più banale, si blatera di turismo religioso e questi proclami come si sono tradotti nei fatti? Tutto, in mezzo ai boschi delle Serre, come del resto in Calabria, diventa più complicato, quasi impossibile anche solo da concepire. Non c’è ristrettezza economica che legittimi l’assenza di programmazione sul breve, sul medio e sul lungo periodo. E i risultati, sul piano pratico, quali sono? Qualche decina di posti letto: questa è la disponibilità complessiva delle strutture ricettive a Serra San Bruno gestite con spirito di sacrificio e garbo; caratteristiche che splendono anche nel lavoro brillante e generoso di proprietari di bar e locali. Valore e valori che però, se non messi in rete unendo la dinamicità di associazioni e privati, restano fiori nel deserto e, intanto, anche quando sarebbe stato semplicissimo far risalire la strada che porta dalle spiagge ad ostacoli alle smisurate e fresche colline, saremo lì, seduti sulle scale di una chiesa a maledire il Fato nel deserto.