Confermano le attese i dati resi noti nel corso della presentazione del “Monitoraggio della specie cinghiale (sus scrofa) all’interno del territorio del Parco naturale regionale delle Serre”, studio propedeutico alla formulazione del Piano di selezione e, dunque, all’approvazione da parte dell’Ispra delle azioni da intraprendere.
Ad aprire i lavori è stato il commissario dell’Ente di tutela ambientale Mimmo Sodaro che ha confermato “la priorità data a questo problema, prima sottovalutato, per la cui soluzione c’è bisogno di gioco di squadra” sottolineando la volontà di “accelerare i tempi” perché “questa realtà è molto difficile da gestire”.
Il professor Salvatore Vescio, in rappresentanza della dottoressa Romina Cantafio, incaricata di eseguire il monitoraggio, ha specificato che, specie in relazione alla tematica sanitaria, “la questione andava affrontata già all’inizio del suo manifestarsi”.
“Dai dati riscontrati nelle zone oggetto di osservazione e riconducibili in circa 900 ettari (area campione) – è stato precisato nella relazione – si è potuto pervenire alla quantificazione, in termini numerici, di circa 105/130 capi di cinghiali, con una densità media che si attesta intorno ai 12/15 cinghiali per ogni 100 ettari. Un numero eccessivo di soggetti che, discostandosi dalle densità ottimali, produce danni rilevanti alle coltivazioni agricole, dalla semina al raccolto, scoraggiando gli agricoltori, fino ad intralciare irrimediabilmente l’attività e, in qualche caso, fino ad indurli all’abbandono totale della coltivazione dei campi. Ultimamente – è stato aggiunto – è esploso pure il problema sanitario su alcune spoglie di cinghiali abbattuti ai confini del Parco, dove si sono riscontrati casi di tubercolosi di natura Boves. I dati acquisiti in tal senso dai servizi dell’Azienda sanitaria di Vibo Valentia, nel corso del 2017, risultano essere: su 955 capi abbattuti, dichiarati e sottoposti ad analisi sono stati riscontrati 20 capi affetti da tubercolosi. C’è, inoltre, da evidenziare che una decina di questi sono stati abbattuti in comuni, in parte, con territori facenti anche parte del Parco. Si è poi appreso, in forma informale, che sul fronte del territorio esterno al Parco, spesso confinante con lo stesso, nell’ala del Catanzarese, nel 2017 si sono riscontrati una quarantina di soggetti malati di Tbc. Nella problematica cinghiali rientra anche il fattore incidenti stradali dovuti ai loro spostamenti notturni”.
In particolare, “nelle località Rocca Angitola, Particella, Batista, Bonello, nel comprensorio di Maierato e nelle zone viciniori, attraverso l’attenta lettura delle tracce, su una estensione di quasi 500 ettari, si è quantificata una presenza di circa 50/55 capi (con una densità di 10/11 cinghiali ogni 100 ettari) ripartiti nelle varie fasce d’età. Un’indagine svolta dalla seconda decade di ottobre fino a tutto novembre ha evidenziato la presenza anche di qualche striato, riscontro che testimonia una sorta di proliferazione anticipata nei tempi e numericamente elevata. Un fenomeno che sta attestando l’ibridazione con il maiale domestico e che porta, tra l’altro, ad un forte incremento della specie”.
In conclusione, è stato auspicato “un intervento, programmato nelle varie fasi e nei tempi prestabiliti, tendente a riportare nei canoni di un giusto ridimensionamento delle presenze di questo ungulato all’interno del Parco”.
All’incontro hanno preso parte rappresentanti del Comitato “Contenimento del cinghiale e difesa del territorio”, del Servizio Veterinario dell’Asp di Vibo Valentia, di Confagricoltura, di Coldiretti, degli Atc VV1, VV2 e CZ 2, di Slow food Calabria.
Assente il Dipartimento regionale Agricoltura.
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