Ora la palla è nelle mani di Forza Italia che si gioca credibilità all’esterno e forza all’interno della coalizione. Matteo Salvini, infatti, ha deciso, per ragioni che sono comprensibili solo a chi sa interpretare gli indecifrabili codici leghisti, di dare un calcio ad una razionale ponderazione della realtà reggina ed imporre la stramba candidatura a sindaco di tal Antonino Minicuci.
Nulla è cambiato, secondo quanto riferiscono essi stessi, nella posizione degli “azzurri” che refrattari ad accettare con favore la proposta del burocrate di Melito Porto Salvo erano e tali sono rimasti. La loro resistenza, capeggiata dall’onorevole Francesco Cannizzaro, non si è piegata: è questa, sottolineano, la prima reazione di fronte all’arroccamento del Segretario nazionale della Lega. Una scelta che i berlusconiani, e non solo, considerano perdente e le cui modalità sono state fino alla fine, quanto meno, discutibili e imbarazzanti. Basti pensare all’umiliazione costituita da una ufficializzazione trasmessa tramite uno stringato comunicato inoltrato nella notte e nel quale si legge: “Facendo seguito agli accordi nazionali tra i partiti della coalizione di centrodestra, la Lega Calabria per Salvini Premier ha indicato il dr. Antonino Minicuci per la candidatura a Sindaco per la città di Reggio Calabria. Dopo ampia ed approfondita riflessione, siamo giunti alla conclusione che Antonino Minicuci rappresenti per Reggio Calabria una sicurezza in termini di capacità e competenza, doti indispensabili per risollevare una città piegata dalla dabbenaggine politica e dal disinteresse morale che hanno messo la città economicamente in ginocchio”. La forma, mai come in questo momento, è sostanza e già da queste parole si intuisce la quota molto bassa raggiungibile da codesti politicanti di bassissima lega. Dabbenaggine politica e disinteresse morale sono, in effetti, le prime due espressioni che saltano alla mente pensando al percorso, molto oscuro, che ha portato a tirare fuori dal cilindro un signore al quale è il caso di spiegare prima dell’avvio ufficiale della campagna elettorale la differenza tra Catona e Pellaro, tra San Brunello e Santa Caterina: per permettergli di memorizzare quella tra Arangea e Vito manca il tempo materiale, visto che i dilettanti sbaragliati di una parte del centrodestra sono arrivati ad assumere la decisione ad un paio di settimane dal termine ultimo per depositare le liste. E’ una vittoria di Pirro quella di Salvini, il quale, una volta di più, rischia di confermare tutti i suoi limiti, primo fra tutti quello di non riuscire ad esercitare fino in fondo una leadership del centrodestra che, tra l’altro, nessuno gli ha mai davvero riconosciuto. In riva allo Stretto, se la spaccatura si concretizzasse, eventualità che potrebbe essere formalizzata già in queste ore, la sfida tra Forza Italia (e liste annesse) e la Lega (insieme a Fratelli d’Italia) sarebbe impari, a dispetto di ciò che pensa qualcuno poco aduso ai numeri reali. Nel mezzo della disfida tra i duellanti chi si è accucciato, pauroso e pavido è il partito di Giorgia Meloni. Fratelli d’Italia, interessato esclusivamente a proteggere la posizione di Raffaele Fitto, candidato alla Presidenza della Regione Puglia, ha abbandonato il campo limitandosi ad una accondiscendente, quanto interessata e fragile, passività. La sostanza è che Antonino Minicuci è il nome posato sulla testa dei reggini esclusivamente su ordine di Matteo Salvini con la complicità di una porzione dei Fratelli d’Italia locali. Una disposizione perentoria non accolta dai rappresentanti di Forza Italia che, evidentemente, conoscono la propria città molto meglio di milanesi, bergamaschi e melitesi di esportazione. Una condizione di difficoltà che li accomuna a taluni autoctoni che, in questi giorni, si sono sforzati, anche pubblicamente, di sminuire la portata dell’opposizione al diktat leghista. Lo hanno fatto distratti da una strenua battaglia con la lingua italiana, non un dettaglio per chi di mestiere dovrebbe saper scrivere, che li ha indotti a dare credito a chi riferiva loro di una candidatura ancora solida (sì, ma solo della porzione minoritaria del centrodestra) e dell’inesistenza di riunioni, invece svoltesi senza soluzioni di continuità. A proposito per oggi è fissata quella decisiva che sortirà il destino della compagine e, soprattutto, della città. Quello che conta, in questo momento, infatti, è la lealtà del Deputato di Forza Italia, Francesco Cannizzaro, alla sua stessa battaglia. Uno scontro che finora ha portato avanti senza arretrare di un millimetro, nella consapevolezza che Minicuci, impopolare e scarsamente rappresentativo, dalle urne uscirebbe a pezzi. Se cedesse adesso, senza avere il coraggio di andare fino in fondo, metterebbe lui per primo in una scomodissima posizione di debolezza anche in vista delle future competizioni elettorali.